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Giovedi 23/03 h 19.30 @Xm24 “L’agricoltura ribelle contro il modello di green-washing dell’agroindustria”

Dalle 19.30 cena a cura di Eat the Rich
Ore 21.00 presentazioni e dibattito

Ne parleremo con agricoltori e video maker della rete nazionale di GENUINO CLANDESTINO, attraverso la presentazione di alcuni documentari che descrivono esempi di esperienze di lotta e resistenza al modello di green-washing imposto dall’agroindustria.

 

04/03/2017 Noi non siamo la coop! in difesa di XM24, contro la città dei centri commerciali

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Il 4 Marzo,durante la giornata “L’altra città esiste – Autogestione/Resistenza – XM24 non si tocca”, ovunque in città sono state organizzate iniziative diffuse in difesa di XM24 “A fronte di un progetto politico con cui l’amministrazione sta mettendo le mani sulla città e contro una ormai palese idea-modello di città e la desertificazione sociale che ne deriverebbe”, per “segnare la rotta verso un immaginario collettivo diverso: costruire insieme un’alternativa a questo deserto, partendo da quelle che sono le nostre pratiche di autogestione.” 

L’altra città esiste – Autogestione/Resistenza – XM24 non si tocca

Come Eat The Rich! insieme a tante e tanti altr* siamo andat* alla Coop delle Officine Minganti, nel quartiere della Bolognina. Abbiamo distribuito focacce, adesivi e volantini costruendo un’azione comunicativa di attacco e contestazione a un grande attore economico e politico della città. Abbiamo invaso gli spazi del centro commerciale recando fastidio alla sua grigia quotidianità. Dopo un giro in bici dentro alle officine Minganti ci siamo mossi in corteo raggiungendo XM24 e le altre iniziative della giornata. Amiamo XM24, odiamo i centri commerciali, rivendichiamo con forza un’altra città che pratica autogestione, libera dalla speculazione e dal profitto.

Qui sotto un nostro contributo scritto all’iniziativa:

NOI NON SIAMO LA COOP 
  
Ci hanno abituato a pensare che i luoghi di sfruttamento siano solo i campi con i caporali che sparano o le fabbriche dove gli operai muoiono per le falle nelle misure di sicurezza.
Ci hanno abituato a pensare che la violenza arrivi solo la notte nelle strade e nelle case, nelle guerre in altri Paesi del mondo, nell-antagonismo politico.
A ben guardare, entrando in un supermercato, percepiamo- più edulcorate – le stesse cose
Dalla selezione della clientela a un modello di vita produci-consuma-crepa, negli scaffali di questi supermercati troviamo la stessa immondizia 
Ci hanno sempre detto che la Coop siamo noi.
Siamo noi?
Coop Italia è un colosso della grande distribuzione industriale di cibo.
Coop impone i prezzi al mercato dei produttori, i tempi dell’agricoltura.
Coop è il caporalato e lo sfruttamento nei campi
  
Il racconto della cooperativa “rossa” , se mai è sembrato a qualcuno credibile, è crollato sotto gli occhi di tutti.
Coop è sfruttamento in ogni sua dimensione: sfruttamento di suolo urbano, sfruttamento dei terreni agricoli, sfruttamento del lavoro fuori e dentro ai suoi magazzini.
Coop è il Jobs Act messo in pratica: Coop è contratti stagionali, flessibilità imposta, ricorso alle agenzie interinali.
Lo è Coop come tutti gli attori della grande distribuzione organizzata (dai discount alle boutique).
Ma il ruolo di Coop è particolarmente significativo in una zona come Bologna perchè oltre ad essere uno dei principali attori in campo economico, lo è anche in campo politico.
Coop finanzia i “tavoli di partecipazione” (le nuove grandi menzogne dell’amministrazione) ed ogni progetto del sindaco e del partito della nazione.  
  
Coop ama così tanto la beneficenza da non limitarsi a regalare l’ invenduto alle mense per i poveri, ma foraggia i problemi economici dei gruppi finanziari suoi alleati
Sa benissimo muoversi tra i pacchetti più convenienti che il mercato del lavoro offre per pagare poco e guadagnare tanto.
Ricordate le cariche sui lavoratori in sciopero?.
La Coop compra prodotti alimentari da Israele, campione dell’apartheid contemporaneosi riserva di accaparrarsi il posto nel nuovo centro commerciale  del quartiere Bolognina, un tempio del consumo per non-proprio-poveri le cui porte a vetro scorrevoli dicono bene chi può entrare e chi no. La riqualificazione del quartiere è “partecipata” perchè il comune ha saputo trovare posti per tutti i suoi vassalli:una fetta di profitto a ciascuno.
Nel quartiere continuano gli sfratti e l’allontanamento dei poveri e dei “diversi”, Coop è anche questo. La grande distribuzione è complice della repressione dei quartieri, Coop è polizia 
Coop = cops
 
Sappiamo bene dov’è finita “la moneta che ride”: nelle loro tasche , fregiandosi di umanità e impegno sociale per nascondere lo sfruttamento e la violenza che anche a Coop stanno di casa.
Noi non siamo la Coop
  
Eat The Rich!
Gastronomia precaria 
Per l’autodeterminazione alimentare e l’autogestione dei quartieri.
Fuori i supermercati dalle città.

Giovedi 02/03 h 19.30 @Xm24 “Ridisegnare le città attraverso il cibo e le grandi opere”

L'immagine può contenere: sMS

Da Expo a FIco,

Come grandi opere Come grandi eventi e grandi opere devastano e saccheggiano immaginari e territori all’insegna del profitto, della governance e della gentrificazione .Proveremo ad analizzare il processo in atto di Bologna “City of Food”, che avrà il suo culmine con la costruzione della F.abbrica I.taliana Co.ntadina, con l’aiuto del collettivo Off Topic che tanto ha prodotto sul disastroso megaevento milanese.

Ore 20 Cena a cura di Eat The Rich!

Ore 21 Incontro/Dibattito

Si chiude una porta, apriremo mille portoni.

Era il settembre del 2013 quando intorno a poche e semplici domande è nato il progetto di Eat the Rich, una mensa popolare autogestita ed al contempo un laboratorio politico aperto a tutta la città.

Alle questioni riguardanti l’accesso al cibo e l’autodeterminazione alimentare se ne sono presto aggiunte molte altre, prima tra tutte quella riguardante le forme dell’autogestione e della partecipazione collettiva.

Per molti/e di noi Eat the Rich è stato un vero e proprio laboratorio in cui sperimentare nuove forme dello stare insieme e dell’agire, nel tentativo di aggiungere contenuti alle forme di organizzazione collettiva già espresse fino a quel momento in città.

Al tempo la maggior parte di coloro che partecipavano al progetto veniva da esperienze di militanza in spazi sociali, collettivi universitari o associazioni e quotidianamente si scontrava con le difficoltà che tendenzialmente incontrano queste realtà nelle fasi di bassa partecipazione.

Eat the Rich! in quel momento significava per tutt@ noi “ripartiamo dalle pratiche”, politicizziamo lo spazio della cucina per farne un nuovo modus operandi nella ricca galassia delle forme di conflitto ed autogestione.

Possiamo dire che in qualche modo il tempo ci ha dato ragione di questa scelta e se le biografie individuali di alcun* di noi hanno fatto si che periodicamente compagn* lasciassero il progetto (o la città), sono stati molt* di più coloro che si sono unit* con gioia, chi soltanto aiutando in cucina e chi solo seguendo le assemblee e gli incontri, i più facendo entrambe le cose.

Sono passati oltre 40 lunghi mesi e molte cose sono cambiate, al nostro interno (abbiamo costruito una rete con altre cucine e gruppi di acquisto in città, promosso un festival nazionale di cucine popolari autogestite ed aperto tanti altri spazi di ragionamento) e soprattutto al di fuori di noi. L’attacco repressivo generalizzato alle forme di autorganizzazione e di resistenza ci ha necessariamente chiamato in causa e, dalle case occupate di Bologna agli scogli di Ventimiglia, abbiamo iniziato a sperimentare cosa un fornello potesse produrre se inserito nelle contraddizioni multiformi della realtà che viviamo.

Questo passaggio si è rivelato fondamentale e da quel momento non siamo più tornati indietro: la cucina per noi era diventata non solo un modo di esprimerci, ma un grimaldello per attaccare il presente.

Abbiamo fatto tutto questo (e molto altro che ora non riusciamo a condensare in queste poche righe) muovendoci liberamente in tutta la città, creando relazioni con altre realtà ed esperienze di lotta, provando persino ad occupare due volte spazi abbandonati (dai quali siamo stati due volte sgomberati), ma avendo base negli spazi di Vag61 in via Paolo Fabbri 110, o più precisamente nella sua cucina.

La nostra assemblea non è mai stata sovrapponibile o identificabile con quella che gestisce tutt’ora quello spazio, e Eat the Rich possiamo dire che ha vissuto in questi anni una storia propria ed indipendente dentro quelle mura, sicuramente lasciandosi sfuggire anche quelle che sarebbero state buone occasioni di incontro e scambio. Molti sono i fattori che hanno determinato l’impossibilità di costruire reali sinergie e tanti sbagli sono stati fatti a nostro avviso negli anni, ma ormai questa è storia passata e ancora una volta sentiamo il bisogno di guardare oltre.

Questo progetto è molto cresciuto e, per quanto tempi e modi non siamo stati noi a deciderli, la necessità di autodeterminarci pienamente non può più coincidere con la sola possibilità di vivere quello spazio come “ospiti”, scriviamo queste poche riflessioni per dire a tutt@ che da oggi Eat the Rich si muoverà in città, ovunque ce ne sia bisogno, per continuare a mangiare ricchi e costruire relazioni nelle contraddizioni del presente.

Saremo una cucina mobile, una nuova sperimentazione collettiva a cui invitiamo tutt@ a partecipare.

Come ci dicemmo qualche anno fa “ripartiamo dalle pratiche” consapevoli di essere su una strada scoscesa e ripida, ma anche emozionante e lunga, che presto ci riporterà a prenderci una piccola parte della città che vogliono chiudere.

Affilate i coltelli, pulite le forchette. La gastronomia precaria di Eat the Rich ha ancora voglia di cucinare ricette di libertà, ma abbiamo bisogno della forza di tutt@ coloro che fino a qui ci sono stati a fianco e di coloro che ancora non ci conoscono ma sognano una rivoluzione che parta anche dalle cucine.

Non abbiamo bisogno di strutture monolitiche o forme di rappresentanza: la strada non ci ha mai fatto paura, ora ancora meno!!

L’assemblea settimanale è per ora sospesa ma desideriamo in questo periodo sostenere e supportare XM24 (già parte della nostra rete di cucine) in questo difficile momento di attacco, invitiamo tutt@ a controllare la pagina fb di Rete Eat the Rich e il nostro blog per rimanere aggiornat* sulle prossime iniziative.

 

 

 

 

 

 

 

Cena e presentazione Ricettario di cucina meticcia

Martedì 7 Febbraio dalle ore 20 a Vag61, via Paolo Fabbri 110/a

nell’ambito di QualcheMartedì di Vag61, per tenere insieme libera socialità e progetti, percorsi e
immaginari da condividere e sostenere, la Rete Eat the Rich e Social Log presentano il percorso del corso di cucina meticcia con una cena e il ricettario.

Circa un anno fa Social Log, comunità meticcia in lotta per il diritto alla casa, ha proposto a Eat the Rich di mettere in piedi assieme un corso di cucina.
Un corso che riuscisse a meticciare metaforicamente e nella pratica i rispettivi percorsi, occupanti e inquilini/e resistenti assieme ai cucinieri ribelli che preparano assieme gli incontri. Con alla base le ricette “tradizionali” dei paesi di origine, incorporando il più possibile l’attitudine e le pratiche di sovranità alimentare di Eat the Rich e arrivando poi ad operare veri e propri meticciamenti di ricette. Il Corso di Cucina meticcia è stato questo: un occasione di incontro fra esperienze di lotta a partire da bisogni primari, il cibo e la casa, per sperimentare assieme pezzi di strada verso comunità meticce che decidono assieme dal basso come e quali spazi abitare, cosa e come mangiare.
Per non disperdere la ricchezza prodotta da questa bella esperienza abbiamo deciso di raccogliere le ricette presentate durante il corso assieme ad una serie di testi dei singoli e delle realtà coinvolte.

Con una cena meticcia a Vag 61, martedì 7 febbraio a partire dalle 20, vorremmo presentare in maniera conviviale il Ricettario di cucina meticcia assieme a Campi Aperti, la Nuova Casa del Popolo di Ponticelli e Wolf Bukowski.

Cena benefit per Bolognola

benefit-bolognolaDalle 20 cena benefit per Bolognola
saranno a disposizione materiali informativi e immagini dei lavori di autoricostruzione

Dopo gli ultimi eventi sismici di questi mesi, in uno dei territori coinvolti, Bolognola in provincia di Macerata, è iniziato un lavoro di cooperazione e risposta dal basso in evidente contrasto con la gestione classica delle “emergenze” di questo tipo. Una serie di nodi della rete di Genuino Clandestino (fra cui Campi Aperti da Bologna) si sono mossi per dare supporto a contadini e allevatori di Bolognola: questi ultimi si sono trovati a dover fare fronte a una tale emergenza contando solo sulle proprie forze, mettendo a serio rischio le loro vite, le loro attività e la sopravvivenza stessa di un’intera comunità montana che da queste dipende molto. Altre iniziative di solidarietà sono partite nel vicino territorio di Amatrice.
Come Rete Eat the Rich riconosciamo le pratiche di autodeterminazione che si articolano nei territori – di autoricostruzione dal basso, in questo caso – come nostre. Perché sono pratiche politiche e conflittuali, risposte di chi in questi anni, dal movimento NoTAV in avanti, abbiamo imparato ad ascoltare e seguire con sempre più attenzione.
Perché non crediamo invece nelle risposte dello Stato e del “circo” della gestione delle emergenze, che crea solo zone rosse e il cui interesse è quello di governare la popolazione attraverso l’emergenza, senza alcuna volontà di ascoltare i bisogni e i desideri di un territorio. Tante, troppe volte si è visto ciò in modo lampante, a L’Aquila ancor più che in Emilia: Stato per il quale la ricostruzione è solo argomento da mettere sul tavolo di contrattazione con l’Europa o mera speculazione per i (ri)costruttori.
Vogliamo dare vita a una raccolta fondi, che saranno destinati ai progetti esistenti a Bolognola per l’acquisto di ciò che serve all’autoricostruzione (pali, ferramenta, rivestimenti, ecc.) per rendere possibile la permanenza in quelle zone di allevatori, agricoltori e di tutte e tutti coloro che le abitano.

Rete Eat the Rich!

Arriva F.i.co., piovono vermi – Assemblea Pubblica @Xm24

xsitoIl 12 dicembre Oscar Farinetti sarà in città per rilanciare il progetto Fico, accompagnato da tutte le istituzioni
cittadine.
Nella città vetrina, che a dicembre ancora di più si addobba
e si esibisce, non poteva mancare, a chiusura del triste
ritorno del Motor
Show, l’ennesima pagliacciata di un prestigiatore
d’eccellenza, patron di Eataly nonché futuro sovrano
della Disneyland del cibo.

Ma andiamo a vedere cosa c’è dietro le quinte, su cosa si
regge questo show.

Che cos’è Eataly?
L’impero di Oscar Farinetti, braccio destro dell’attuale governo
Renzi, nonché nuovo volto del capitalismo verde e simpatico
(come dice di “dover” essere), ma anche avanguardia nello sfruttamento
padronale e sperimentatore di modelli di flessibilità avanzata.
I suoi negozi possono essere considerati veri e propri laboratori per il Jobs Act.
Dopo aver accumulato ricchezze e conoscenze “giuste” vendendo televisori,
nel 2007 scopre il business del cibo – grazie anche all’alleanza che
stringe Coop, socia al 40% – e stringe un patto di ferro con il Pd,
che gli offre spazi nelle città da rinfiocchettare. Da qui, un
percorso in discesa e privo di ostacoli, fatto di complessi regalati, letteralmente,
appalti vinti senza gara e la leadership di Expo 2015, lo incorona
nuova figura di riferimento della sinistra buona, attenta alla salute
e soprattutto ai proventi del made in Italy. Ad oggi, Eataly conta
oltre 40 punti vendita in tre continenti (dal Brasile agli Stati
Uniti, dalla Turchia al Giappone), su alcune crociere e perfino negli
autogrill, alla faccia del km0 e dell’agricoltura di piccola scala. Ma
quindi cosa vende Eataly? Soprattutto marketing, narrazione: da
scaltro imprenditore, interpreta e monetizza le spinte ecologiste dei
primi anni 2000, ciò che ne esce è un prodotto impacchettato, ben
definito, rigorosamente verde, ma tanto standardizzato quanto di
lusso. I negozi di Eataly sono vere e proprie cittadelle, templi del
consumo di cibo, ma soprattutto luoghi in cui la soggettività viene
educata. Chi entra dentro Eataly è di fatto immerso nel processo di
creazione collettiva di significati spendibili, di comunità di buoni,
belli e giusti. Ma in fin dei conti, cosa conta dentro Eataly? I
conti. Questa narrazione ha un prezzo: quello altissimo dei prodotti,
quello bassissimo del lavoro. Il modello Eataly funziona grazie allo
sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici, che più volte hanno
scioperato contro le condizioni loro imposte.

Ancora Eataly, azienda multinazionale che spera oggi di quotarsi in
borsa, ci racconta la favola del buon contadino e del capitalismo
giusto, smettiamo di credergli.

Che cos’è Fico?
La nuova trovata commerciale di Eataly, ed una grande opera in pianta
stabile costruita sul territorio bolognese, portando nuovo cemento
nella periferia della città, in un ambiente già inquinato. La
chiamano Disnyland del cibo ma sarà l’ennesima giostra di
devastazione ambientale, sfruttamento del lavoro e speculazione
immobiliare. Farinetti e Merola vanno fino negli Stati Uniti per
raccontare questa meraviglia. A detta degli stessi personaggi Fico avrebbe
dovuto essere –  ma non hanno fatto a tempo – il proseguo in pianta stabile di Expo.
E dopo il disastro di Expo, anche solo nei numeri di quanto è costato, dei buchi che ha lasciato, della devastazione del territorio che ha comportato, l’Expo del lavoro gratuito e precarizzato, l’Expo degli scandali e della corruzione, senza nemmeno dover entrare nei contenuti di quello che è stato Expo 2015, il Pd vorrebbe riprovarci.

Il 1° dicembre apriamo un momento di confronto pubblico per costruire
collettivamente la giornata del 12 dicembre, in cui vogliamo portare in piazza le ragioni della nostra contestazione e del rifiuto a questo progetto, mettendo in piazza quello che quotidianamente pratichiamo.

Invitiamo quindi le realtà organizzate  e le singole soggettività a partecipare all’assemblea pubblica giovedì 1° dicembre alle 20 a Xm24.

Rete Eat the Rich!