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Biciclettata contro F.i.co e la city of food 13/05

Dopo la bella e lunghissima giornata di ieri, dove in tanti/e sulle bici abbiamo bloccato il traffico cittadino per denunciare i ricatti e i danni della city of food e del Fico, ci siamo presi qualche ora per prendere fiato.
Ecco un po’ di foto che raccontano le tante tappe della biciclettata di ieri.
Dall’ex Telecom un tempo occupata alle agenzie interinali che, come Randstad, gestiscono contratti precari nella città vetrina. Dal Cefa che organizza lo sfruttamento di tante/i migranti, alle multinazionali che come McDonald’s si approfittano del lavoro gratuito garantito dall’alternanza scuola – lavoro. Dall’hera che a fico parla di energie sostenibili e in Salento finanzia il progetto del Tap, fino a piazza verdi oggi teatro di nuovi progetti di riqualificazione come il guasto Village e il progetto rock. E poi il Fico di oggi, cattedrale dello sfruttamento a marchio bio, e quello di ieri, le officine minganti costruite in bolognina ed affidate alla mamma coop Italia che per fortuna ha già chiuso i battenti lasciando un altro mostro di cemento vuoto.

Grazie a tutte/i coloro che hanno pedalato con noi e alle realtà che hanno costruito con noi le tappe del percorso. grazie a la Ciclofficina AmpioRaggio, Crash! e Social log, al Terzo piano e la federazione USB, al collettivo Noborders e ai/lle compagn* di Paranoia, al Lazzaretto autogestito, ai NoTap del Collettivo AltaPressione e ai giocolieri di JuegaMas che hanno reso spettacolare ogni sosta.

Da questo mercoledì Eat the rich torna con un nuovo appuntamento costante: ogni settimana nell’orto di Xm24 la cena del mercoledì per magnarsi la city of food. Saranno momenti in cui continuare a condividere piatti e relazioni complici.

In alto bici e forchette.
Alla prossima.
Eat the rich

LA MALEDIZIONE DEL FICO – IN BICI ACCRISTO CONTRO LA CITY OF FOOD

https://www.facebook.com/events/344522902726371/

LA MALEDIZIONE DEL FICO – IN BICI ACCRISTO CONTRO LA CITY OF FOOD

Una leggenda (a cui crediamo come crediamo nel capitalismo sostenibile) contenuta in due vangeli, racconta la maledizione del fico: “La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche cosa; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. E gli disse: “Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti”. E i discepoli l’udirono.”
Racconta di un personaggio che, seppur ritenuto da molti onnisciente, vide un fico in foglie e non trovandone i frutti perché non era stagione decise di seccarlo. Continue reading

“Bologna, città dei taglieri” …e delle anime belle!

Un articoluccio del “Corriere di Bologna” ci offre l’occasione di condividere alcune riflessioni sulla città e i suoi amministratori… E’ dalla nascita di Eat the Rich, quattro anni fa ormai, che mettiamo a critica un progetto di città a noi abbastanza chiaro; che si sviluppa su stimolo e indirizzamento del Comune, con investimenti di gruppi finanziari e coop, nel promuovere la Bologna della gastronomia, la “city of food”. E se già Camporesi in tempi non sospetti (era il 1989!) denuncia Bologna la “grassa” come un “cliché turistico-gastronomico molto approssimativo […] convenzione al limite della mistificazione, mito gastronomico e non verità alimentare, topos e luogo comune, non realtà”. Eppure su questa enorme bufala, come spesso succede, c’è chi c’ha bellamente speculato, politicamente ed economicamente.
In questi quattro anni questo ha comportato la progressiva trasformazione della nostra città in uno spazio a misura di residenti ad alto reddito e turismo superficiale – che non fa esperienza ma consumo a-critico, pranza da McDonald e fa cena da Eataly. Sono gli stessi studi del Comune di qualche mese fa a dire che all’innalzarsi del numero dei ristoranti, e dei prezzi, c’è stato un abbassamento della qualità del cibo. E mai in nessun modo si è determinato un aumento dell’accesso per tutte/i a un cibo buono e libero da sfruttamenti, della terra, del lavoro e degli animali. Una città e un’amministrazione che da anni non riesce ancora a soddisfare le basilari esigenze dell’Osservatorio Mense Scolastiche; che alla vertenza degli studenti contro la mensa più cara d’Italia risponde con cariche e misure cautelari; e però tira a lucido il Mercato delle Erbe, disseppellisce il Mercato di Mezzo, “riqualifica” il Mercato Albani e si prepara ad inaugurare Fico.
Non si sa se piangere o ridere dell’articolo di ieri del Corriere di Bologna, dove si manifesta una preoccupazione di “indigestione” e gentrificazione della città. I numeri potrebbero stupire qualcuno, ma per noi è palese la malafede di chi scrive l’articolo e dell’assessora Gambarelli nel voler far passare come “naturali” questi processi. Dare implicitamente la responsabilità al mercato e alla libera impresa dei processi di trasformazione, non fa che nascondere il ruolo degli amministratori locali che predispongono linee guida e concedono licenze e permessi. Dove sono finiti l’entusiasmo e le gioiose visioni di Merola, Lepore e co(op)mpagnia cantante? Nell’epoca in cui non sono più le nazioni ad essere in competizione, ma le città stesse in una competizione “g-locale”, c’è chi ha scelto in maniera pienamente cosciente che Bologna debba diventare la city of food. Non c’è spontaneità ma strategia pianificata fordista nei ritmi del consumo e del tempo libero. Città parco-giochi, con ognuna il suo tema, le sue “tipicità”, che devono praticare virtù socialmente accettabili con mercatini bio scintillanti, orti urbani, piste ciclabili, città smart, co-partecipate, città solo apparentemente più libere. Apparentemente perché sono le stesse degli sgomberi di famiglie e migranti, dove non vengono tollerati, e quindi prontamente repressi, tutti i comportamenti devianti, eccentrici, anti-sociali, non-consumistici o conflittuali.

Lungi da noi la nostalgia per personaggi disgustosi come Beppe Maniglia ma quello che ci domandiamo è fino a quando tutte/i a fare aperitivo in centro protetti da gigantesche fiorere Jersey?

I dati della camera di commercio forniscono solo una fotografia distorta dove tutto si confonde e nel magico gioco della fabbrica del turismo paiono non esserci padroni e responsabili, ma solo vincenti e vinti. Sappiamo che la storia è ben diversa e presto o tardi gli esclusi dalla grande abbuffata sapranno e dovranno rovesciare il tavolo di corte.

qui l’articoluccio: Bologna, città dei taglieri

Stay foolish,
Stay hungry,
Eat the Rich!

Arriva F.i.co., piovono vermi – Assemblea Pubblica @Xm24

xsitoIl 12 dicembre Oscar Farinetti sarà in città per rilanciare il progetto Fico, accompagnato da tutte le istituzioni
cittadine.
Nella città vetrina, che a dicembre ancora di più si addobba
e si esibisce, non poteva mancare, a chiusura del triste
ritorno del Motor
Show, l’ennesima pagliacciata di un prestigiatore
d’eccellenza, patron di Eataly nonché futuro sovrano
della Disneyland del cibo.

Ma andiamo a vedere cosa c’è dietro le quinte, su cosa si
regge questo show.

Che cos’è Eataly?
L’impero di Oscar Farinetti, braccio destro dell’attuale governo
Renzi, nonché nuovo volto del capitalismo verde e simpatico
(come dice di “dover” essere), ma anche avanguardia nello sfruttamento
padronale e sperimentatore di modelli di flessibilità avanzata.
I suoi negozi possono essere considerati veri e propri laboratori per il Jobs Act.
Dopo aver accumulato ricchezze e conoscenze “giuste” vendendo televisori,
nel 2007 scopre il business del cibo – grazie anche all’alleanza che
stringe Coop, socia al 40% – e stringe un patto di ferro con il Pd,
che gli offre spazi nelle città da rinfiocchettare. Da qui, un
percorso in discesa e privo di ostacoli, fatto di complessi regalati, letteralmente,
appalti vinti senza gara e la leadership di Expo 2015, lo incorona
nuova figura di riferimento della sinistra buona, attenta alla salute
e soprattutto ai proventi del made in Italy. Ad oggi, Eataly conta
oltre 40 punti vendita in tre continenti (dal Brasile agli Stati
Uniti, dalla Turchia al Giappone), su alcune crociere e perfino negli
autogrill, alla faccia del km0 e dell’agricoltura di piccola scala. Ma
quindi cosa vende Eataly? Soprattutto marketing, narrazione: da
scaltro imprenditore, interpreta e monetizza le spinte ecologiste dei
primi anni 2000, ciò che ne esce è un prodotto impacchettato, ben
definito, rigorosamente verde, ma tanto standardizzato quanto di
lusso. I negozi di Eataly sono vere e proprie cittadelle, templi del
consumo di cibo, ma soprattutto luoghi in cui la soggettività viene
educata. Chi entra dentro Eataly è di fatto immerso nel processo di
creazione collettiva di significati spendibili, di comunità di buoni,
belli e giusti. Ma in fin dei conti, cosa conta dentro Eataly? I
conti. Questa narrazione ha un prezzo: quello altissimo dei prodotti,
quello bassissimo del lavoro. Il modello Eataly funziona grazie allo
sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici, che più volte hanno
scioperato contro le condizioni loro imposte.

Ancora Eataly, azienda multinazionale che spera oggi di quotarsi in
borsa, ci racconta la favola del buon contadino e del capitalismo
giusto, smettiamo di credergli.

Che cos’è Fico?
La nuova trovata commerciale di Eataly, ed una grande opera in pianta
stabile costruita sul territorio bolognese, portando nuovo cemento
nella periferia della città, in un ambiente già inquinato. La
chiamano Disnyland del cibo ma sarà l’ennesima giostra di
devastazione ambientale, sfruttamento del lavoro e speculazione
immobiliare. Farinetti e Merola vanno fino negli Stati Uniti per
raccontare questa meraviglia. A detta degli stessi personaggi Fico avrebbe
dovuto essere –  ma non hanno fatto a tempo – il proseguo in pianta stabile di Expo.
E dopo il disastro di Expo, anche solo nei numeri di quanto è costato, dei buchi che ha lasciato, della devastazione del territorio che ha comportato, l’Expo del lavoro gratuito e precarizzato, l’Expo degli scandali e della corruzione, senza nemmeno dover entrare nei contenuti di quello che è stato Expo 2015, il Pd vorrebbe riprovarci.

Il 1° dicembre apriamo un momento di confronto pubblico per costruire
collettivamente la giornata del 12 dicembre, in cui vogliamo portare in piazza le ragioni della nostra contestazione e del rifiuto a questo progetto, mettendo in piazza quello che quotidianamente pratichiamo.

Invitiamo quindi le realtà organizzate  e le singole soggettività a partecipare all’assemblea pubblica giovedì 1° dicembre alle 20 a Xm24.

Rete Eat the Rich!

@Terzo Paesaggio – Radio Città Fujiko – podcast

Eat the Rich: dalla relazione economica all’economia di relazione

Eat the Rich è un progetto di mensa popolare che vuole costruire in città, attorno alla questione cibo, delle risposte concrete all’impoverimento attraverso legami di solidarietà attiva

Da un anno e mezzo a Bologna è nato un progetto di mensa popolare. Si chiama Eat the Rich, una realtà che da una rete di cuochi, produttori e gruppi di acquisto ha realizzato l’idea di cibo di qualità accessibile alle tasche di tutti.

Il cibo è di qualità perché viene dalle mani dei contadini di Campi Aperti, è accessibile perché chi si nutre alla mensa di Eat the Rich paga quello che può, a offerta libera.

La mensa popolare arriva a Bologna come il risultato spontaneo di un progetto per cui il terreno era pronto: da anni i mercati di Campi Aperti e la rete Genuino Clandestino animano la nostra città negli spazi sociali di Vag, Xm24, Labas e la Scuola di Pace di Via Udine. Il mercato già di per sé offre la possibilità di capire che dietro a Campi Aperti e Genuino Clandestino c’è un progetto che va al di là della compravendita di ortofrutta e che vuole raccontare un altro modo di fare agricoltura, di co-produrla (comprandone i frutti), di distribuirla. Con la mensa popolare si va oltre, non si compra per poi cucinare a casa propria, ma si mangia insieme condividendo idee, ricette e socialità. Quest’ultimo passo mette in atto la trasformazione della relazione economica in un’economia di relazione.

L’agricoltura intensiva, industriale, basata prevalentemente sugli scambi commerciali, ha dimostrato di non essere affatto adeguata a garantire i diritti fondamentali, tra cui quello al cibo.
C’è la possibilità che si pratichi qualcos’altro, e l’alternativa è sicuramente un modello produttivo di piccola scala e sostenibile.

La relazione non è solo convivialità, ma include in sé un momento in cui produttore, acquirente, cuoco fanno parte di uno stesso processo di cui conoscono le modalità: Eat the Rich vuole costruire in città, attorno alla questione cibo, delle risposte concrete all’impoverimento attraverso legami di solidarietà attiva.

Chiaramente la mensa non vuole e non può da sola essere una risposta al problema della fame nella nostra città, ma sì vuole uscire dagli spazi sociali che di solito la ospitano (Vag, Berneri e XM24) per mostrarsi come un modello riproducibile anche al resto della città, in una esplicita “volontà di contagio”.

“Noi siamo aperti a qualunque tipo di contatto e di relazione possibile” racconta Andrea ai microfoni di Radio Città Fujiko “la nostra volontà è quella di andare oltre al momento di mercato. Nelle prossime settimane porteremo in piazza la nostra rete e cercheremo di capire se questo progetto, che comprende le persone che ci si avvicinano, abbia o meno la legittimità di vivere in uno spazio in questa città”.

Ascolta la puntata di Terzo Paesaggio (Radio Città Fujiko) in cui alcuni membri della rete hanno raccontato Eat The Rich:

http://terzopaesaggio.podomatic.com/entry/2015-05-27T09_42_04-07_00

Dall’Expo a Fico… la filiera corta dello sfruttamento!

Venerdì 27 giugno @Vag61vinileetr

Dall’Expo a Fico, passando per SlowFood, Coop e Eataly: la filiera corta dello sfruttamento!

h19 Video sull’Expo. Presentazione della storia dalla prima edizione a quella di Milano : storia, eventi collegati. A cura del collettivo Off Topic (Milano)

h20.30 cena autogestita a cura di Eat the Rich!

H21.30 Presentazione di “Nessuna faccia buona, pulita e giusta a Expo2015”, dossier su SlowFood, Coop Italia e Eataly. A cura del collettivo Farro&Fuoco (Milano)

Come Eat the Rich! ci siamo mossi dalle ormai fatidiche domande, se fosse possibile avere dei pranzi che fossero buoni e alla portata delle tasche di tutt@, fuori dalle logiche della grande distribuzione organizzata che giocano al ribasso sui prezzi ma anche sulla qualità, avendo accesso ai prodotti nel rispetto dei tempi della natura e liberi da ogni sfruttamento del lavoro. Le nostre risposte le abbiamo trovate autorganizzandoci in cucine collettive, mettendoci in rete con produttori locali, CampiAperti, Gruppi d’Acquisto, SosRosarno, Genuino Clandestino.

Allo stesso tempo ci siamo resi conto di quanto anche il capitale negli ultimi anni si stia riorganizzando per mettere a valore, e sfruttare il più possibile, il cibo e il discorso attorno all’alimentazione.
Non è un caso che la prossima Esposizione Universale che si è aggiudicata Milano abbia come claim “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”. Non è un caso che uno degli imprenditori più promossi dalla stampa, e ora anche dal suo amichetto Renzi al governo, sia quel Farinetti di Eataly. Non è un caso che anche qui a Bologna si provi a cavalcare questo trend – nell’ultimo disperato tentativo di rilancio della città dopo essersi già autocastrata come Bologna la rossa, la creativa, Bologna degli studenti, città della musica, la smart city – ci si prova adesso col cibo: City of food is Bologna. E via con i mega-progetti, con i soliti noti pronti a spartirsi la torta. Dal mercato di mezzo alla grande opera FICO, Farinetti e le Coop su tutti.

E’ per questo che abbiamo invitato due realtà che a Milano da tempo stanno lavorando per fare controinformazione e opporsi all’Expo2015. Evento che racchiude in sé molte delle contraddizioni del capitalismo contemporaneo. Dalla speculazione edilizia e la gentrificazione di interi quartieri, allo sfruttamento di forza lavoro, precarizzazione a lavoro gratuito mascherato da formazione e stage. Il tutto condito con l’enfasi e l’appeal delle più classiche operazioni di green-washing e la retorica del grande evento.

Riteniamo importante insistere nel costruire il più collettivamente possibile percorsi di lotta comuni in opposizione alle Grandi Opere e ai Grandi Eventi con tutto il loro portato di precarizzazione e sfruttamento.
Vorremmo fosse un’occasione di discussione per la città e le sue realtà attive, per confrontarsi su quanto sta avvenendo sul piano nazionale e, in piccolo, su quello locale, per riempire di contenuti e sostanziare la nostra opposizione alle politiche degli amministratori locali, del governo Renzi e dei suoi capitani d’industria Poletti e Farinetti.

Stay foolish,
Stay hungry,
Eat the Rich!