Festival delle cucine: Tavolo 4

Arriva oggi il quarto testo verso il Festival delle Cucine Popolari Autogestite IV edizione (NAPOLI), introduce il tavolo dedicato alla Turistificazione delle città e allo sviluppo del settore della ristorazione.

Con il termine “turistificazine” si identifica il processo di intenso sviluppo delle attività connesse al turismo, ossia l’aumento significativo del complesso di servizi per lo più commerciali dedicati all’utilizzo da parte di chi, il turista, si muove dal proprio luogo di residenza in un altro durante il tempo libero. Il turismo che conosciamo si intreccia sempre più in Italia con lo sviluppo parallelo del settore della ristorazione e questo spazio di investimenti rappresenta uno dei pochi settori in crescita nel paese. Eppure questo non produce alcun tipo di benessere diffuso ed è ingannevole credere che possa essere il vettore per il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche delle nostre città. Il turismo che conosciamo è attacco del capitale al cuore di queste, è trasformazione della fisicità urbana e ancor peggio è imposizione di forme di vita e di sfruttamento. Il turismo è un modello che ha cambiato tutte le più grandi città europee e non solo, attraverso processi di espulsione di poveri e indesiderati, “pacificazione” di zone di conflitto metropolitano e controllo dei quartieri che oggi si presentano come luoghi di consumo, dove in qualsiasi momento è disponibile un posto dove dormire ed a qualsiasi ora è possibile mangiare qualcosa. E’quello che accade a Napoli ma anche a Bologna, Roma, Torino, Milano o altre città seppur con piccole differenze e specificità (o forse dovremmo dire specialità tipiche) locali. In questi luoghi, e in qualche modo anche nei centri minori, il turismo è divenuto nuovo spazio di accumulazione capitalistica che accelera processi di segregazione socio-spaziale e inventa una nuova produzione e un nuovo consumo del cibo, slegato dal concetto di nutrizione ed animato da un’ irrefrenabile ingordigia consumistica o dalla messa a valore della salute (i cibi biologici, naturali, ecc, dietetici,ecc.).
Questa letterale abbuffata travolge gli abitanti delle città e muta i modi e i tempi dell’alimentazione e della condivisione del cibo rendendo ogni pasto un occasione per nuovi profitti. Le nostre città si riempiono sempre più di bar, ristoranti, alberghi, ma non solo: negli ultimi anni si sono diffuse a macchia d’olio anche caffetterie, vinerie, birrerie, dolcerie, cocktailerie, frescherie, spritzerie e cosi via. E’ un sistema che naturalmente necessita di sfruttati: giovani studenti ed immigrati in primis ma non solo, che spesso senza nemmeno un contratto oppure assunti attraverso fantasiose e precarie forme di impiego, sono costretti a ritmi di lavoro massacranti per pochi soldi, mentre cresce la concentrazione di ricchezze nelle mani dei grandi proprietari di quelle che potrebbero essere considerate nuove fabbriche metropolitane.
Il tavolo su turistificazione e ristorazione, nato durante l’ultima edizione del festival e che aveva portato alla stesura di un questionario rivolto ai lavoratori e alle lavoratrici del settore (qui compilabile: https://framaforms.org/inchiesta-sul-lavoro-nel-settore-della-ristorazione-1536661042), si propone di discutere questi temi aggiornando strumenti di conoscenza e ragionando sulle possibilità di resistenza e organizzazione.

Festival delle cucine: Tavolo 3

Ecco il testo introduttivo per il terzo tavolo
previsto per sabato sabato 25 maggio durante il
Festival delle Cucine Popolari Autogestite IV edizione (NAPOLI)

3) Organizzazione della filiera tra sostenibilità e condivisione politica.

Il nocciolo del dibattito e dell’azione della rete di Cucine in Movimento costituitasi in questi anni di festival è il cibo. Poiché non è possibile esistere evitando di riferirsi al cibo stesso, col quale e attraverso il quale costruiamo e mettiamo in discussione relazioni materiali e sociali, i contenuti di quest’assemblea si configurano necessariamente come di collettivo interesse. Nella nostra quotidianità infatti tutti quanti ci rapportiamo al cibo, attraversando peraltro in maniera fluida diversi ruoli nel rapporto che abbiamo con questo: lo mangiamo, lo condividiamo, lo trasformiamo, lo autoproduciamo e lo compriamo. Il rapporto che ogni individuo instaura col cibo è totale poiché ognun@ è chiamato a porsi la questione necessariamente nel corso della propria vita, o più semplicemente nel corso della giornata; è tenut@ ad alternare ruoli differenti e fra loro strettamente interdipendenti.
Tale rapporto universale esiste ed è insolubile, a prescindere da come decidiamo di occupare la nostra giornata, dal tempo che dedichiamo al cibo e dal modo in cui lo facciamo. L’autodeterminazione alimentare non è quindi una prerogativa degli “addetti ai lavori” con specifici settori di pertinenza. Al contrario questa si configura come una questione che ci riguarda tutt@ e ci vede coinvolt@ tutt@ allo stesso modo: totale.
Ormai da anni i molti percorsi legati al cibo, che hanno peraltro contribuito ad accrescere ed intensificare la riflessione critica, la consapevolezza, nonché la riappropriazione e attuazione di “nuove vecchie pratiche” (in opposizione a quelle introdotte dal sistema capitalista attraverso i sistemi di produzione intensiva e Grande Distribuzione Organizzata), hanno fatto sì che prendessero forma delle “coscienze di categoria”, più che di classe, divise per settore di pertinenza, che hanno portato all’individuazione di istanze peculiari e specifiche dei vari percorsi: assemblee di piccoli produttori, di cucinieri e costituzione di gruppi di acquisto solidali che ogni giorno conducono la propria battaglia politica.
Tutto ciò, da un lato ha contribuito ad innalzare il livello di consapevolezza legato all’appartenenza di categoria, dall’altro sembra averlo fatto a discapito della consapevolezza che il cibo, le riflessioni e le pratiche ad esso connesse, riguardano nella loro interezza ogni individuo, prescindendo dal ruolo e quindi dal rapporto, transitorio e mutevole, che ha di volta in volta con quello di cui si nutre.Riteniamo necessario rimarcare tutte le connessioni e i concatenamenti – quelli necessari, quelli già esistenti, e quelli da ricostruire – fra i vari “momenti” della filiera alimentare, che portano il cibo dalla sua produzione al suo consumo, tenendo bene a mente che ogni singolo passaggio è tutt’altro che neutro, a partire dalle pratiche antagoniste e alternative al sistema di produzione capitalista. Ritenendo tutt’altro che banali domande quali: cosa, come e per chi produrre?
Ricercare un terreno di confronto unico al quale accedere come individui e come realtà politiche, in quanto tali inalienabilmente e totalmente legati al cibo in ogni suo aspetto, superando le distinzioni di categoria, con le medesime prerogative e condividendo le stesse istanze, è lo scopo di questo tavolo. Il cibo è uno strumento comune con cui condurre la stessa lotta.

Festival delle cucine: Tavolo 2

Ecco il testo introduttivo per il secondo tavolo previsto per sabato 25 aprile durante il Festival delle Cucine Popolari Autogestite IV edizione (NAPOLI)

2) Antispecismo

“non vogliamo gabbie più grandi, vogliamo gabbie vuote”

Alla quarta edizione del festival e al netto degli sviluppi anche contraddittori degli anni passati rispetto alla traccia di questo tavolo, abbiamo comunque deciso di non tralasciare l’argomento e al contrario di ri/cominciare a ragionarci insieme, provando a slegarci dalla dicotomia tra vegano e non vegano, cercando di decostruire lo specismo come modello sociale di vita imposto e strutturato all’interno della nostra società.
Condividiamo questa definizione comparsa in un articolo di alcuni mesi fa: “L’antispecismo è un movimento politico, basato su un impianto ideologico che ripudia qualsiasi gerarchia e discriminazione in base a razza, genere, stato sociale e specie. In sostanza, la sua specificità risiede nel non accettare e non giustificare quello che per molti è perfettamente naturale: la supremazia umana sul “non-umano”. (*http:/…/quasi-amici-sempre-nemici-p…-bertuzzi-giulio-sapori/)
Abbiamo deciso di analizzare questo campo di tensione e di ragionamento partendo da noi, compagne e compagni antifascist* antisessist* antirazzist* ma sempre troppo poco antispecist*. Ci piacerebbe raccogliere le impressioni di tutte e tutti coloro che dedicano il loro tempo e portano avanti non senza difficoltà queste istanze, all’interno di un movimento dove è difficile prendere voce e in cui troppo spesso l’antispecismo viene considerato come un moto individuale empatico e non una pratica politica. Lo faremo partendo da quello che sappiamo fare: cucinare, zappare, seminare, impastare…
E lo faremo cercando di leggere nelle teorie e pratiche antispeciste gli elementi di rottura che le rendono forme di lotta contro il capitale, parte di un insieme più ampio di pratiche politiche per attaccare l’esistente e scardinarlo.
Siamo convinti che ogni piccolo passo, anche se maldestro, fatto insieme ci darà forza, soprattutto all’interno delle nostre cucine collettive e clandestine. Crediamo fortemente che questione sociale,‭ ‬questione animale e questione ambientale non siano separabili.‭‬‬ E vogliamo parlare di corpi allontanandoci dall’idea del corpo fisico ma immaginandolo come spazio attraversabile e di connessione con l’altr*.
Sappiamo che sarà difficile e che potremmo anche farci trasportare da flussi di coscienza o ritrovarci su posizioni molto distanti, ma assumiamo collettivamente la sfida di tentare di capire come questo tavolo di discussione possa trasformarsi in pratica quotidiana provando a raccontare le nostre esperienze e cercando di ragionare sulle criticità .

Festival delle cucine: Tavolo 1


Da oggi a venerdì pubblicheremo ogni giorno un breve testo. Proponiamo questi primi scritti collettivi come introduzioni per il dibattito nei tavoli di discussione che si terranno sabato 25 maggio durante il Festival delle Cucine Popolari Autogestite IV edizione (NAPOLI)

1) Organizzazione delle cucine in movimento tra emergenze e contesti di lotta

Quello che ci piace fare, oltre ad offrire pasti gustosi e costruire momenti conviviali, è costruire ragionamenti intorno al cibo e pensare questo come uno strumento di lotta e resistenza oltre che di socialità. Negli anni ci siamo trovati più volte a sperimentarne la valenza politica e la capacità di scatenare processi di conflitto. Dagli scogli di Ventimiglia alla stazione di Como, passando per i picchetti antisfratto e gli sgomberi nelle nostre città abbiamo visto come l’autoproduzione di cibo possa permettere l’autorganizzazione di quartieri e comunità divenendo un ingrediente fondamentale per la lotta.
La pratica della cucina collettiva ci ha portati a guardare il cibo non più solo come un bene materiale di prima necessità ma anche e soprattutto come un’arma di solidarietà per chi si ritrova a resistere a sgomberi, misure cautelari o soprusi vari messi in atto dal sistema politico. Grazie all’esperienza di questi anni abbiamo maturato la consapevolezza che il cibo, oltre ad essere necessario alla sopravvivenza di tutt*, può essere anche “solidale” con la resistenza di chi si impegna nelle lotte sociali. Perché questo avvenga non ci sono ricette pronte, ma guardando a ciò che già è successo possiamo cominciare a pensarne collettivamente alcune.
Giunti ormai alla quarta edizione del festival del cucine ci ritroviamo nuovamente a discutere e a confrontarci su come le nostre cucine si autorganizzano quotidianamente e nelle situazioni di lotta e resistenza, convinti che un confronto collettivo su questi temi sia sempre necessario e utile. Da diverso tempo c’è l’idea di produrre assieme un materiale scritto, che possa essere strumento utile per altre realtà che si trovano davanti al “come” fare una cucina popolare autogestita. Difficile proporre un modellino unico, perché le variabili sono tante, e anche le scelte politiche che si prendono. Proveremo anche quest’anno a sederci intorno ad un tavolo e condividere esperienze e suggerimenti, racconti di successi e di sconfitte per continuare a progettare insieme un modo di vivere la cucina come spazio aperto, inclusivo, libero e come strumento per attaccare il presente.

Contro la città-frontiera // 11-12 Aprile @Piazza Verdi

Airbnb, fiumi di turisti, ristoranti dappertutto, una città infiocchettata dove a far le strade sicure e pulite ci pensano polizia, ordinanze e il rinnovo degli arredi urbani (con più telecamere e meno panchine). Una città decorosa insomma, una città qualsiasi, come tante altre dal nord al sud dell’Europa, sempre meno distinguibili e sempre più simili…
La retorica del decoro e della sicurezza ha un solo obiettivo: chi consuma non sia disturbato dalla vista e dal pensiero di quella realtà scomoda e sotterranea che costituisce l’altra faccia dell’opulenza e della serenità borghese. E allora retate, daspo, fogli di via ed espulsioni per gli indesiderabili, per quell’umanità che si barcamena nell’illegalità e per i refrattari che a questo osceno mondo si oppongono.
Ma questa gente, espulsa dalla vista dei consumatori, dove va a finire? Che stiano ai margini, al di là della frontiera interna e in galera o in un CPR se non si adeguano! Per costoro c’è posto solo fin dove e fin come possono esser sfruttati nella farsa del profitto: nei retrobottega della città bella, nelle cucine della city of food, nei turni delle pulizie di uffici e negozi, nel traffico a consegnare pasti, nei cantieri delle speculazioni edilizie.
Sfruttamento e ricatto reggono un tale moto di esclusione e inclusione condizionata. Senza un lavoro, anche il peggiore disponibile, non si arriva a fine mese, non si rinnova il permesso di soggiorno, si rischia lo sfratto o, peggio, l’espulsione e la deportazione dal paese. Un ricatto che porta addirittura chi emigra a lavorare gratuitamente in nome delle false promesse delle cooperative. Un ricatto che colpisce italiani e stranieri, in modo diverso certo, ma con lo stesso obiettivo: farci assecondare ogni richiesta di chi trae profitto da noi.
La città è una frontiera.

Lanciamo due giornate di incontri in zona universitaria, uno dei luoghi dove tale frontiera va costruendosi, per capire meglio in cosa essa consista e come provare ad abbatterla.

Programma:

Giovedì 11 aprile (P.zza verdi)
– Ore 18 Approfondimenti su DL Sicurezza e Immigrazione
+ Presentazione del corteo contro Cpr e razzismo di Stato del 25 aprile a Modena
– A seguire aperitivo popolare e musica

Venerdì 12 aprile (P.zza Verdi)
– Ore 13 Pranzo Eat the Rich in piazza
– A seguie dj set funky/hip-hop e allenamento di boxe con la Palestra Popolare Stevenson
-Ore 18 Spettacolo teatrale: Foodification – Come il cibo si è mangiato la città, introduce Wolf Bukowski.
-Ore 20 Discussione con i/le compagn* dell’Asilo occupato di Torino sui percorsi di lotta nei quartieri oggetto di processi di riqualificazione.

Venerdì 5 Aprile – Cena di autofinanziamento

Venerdì 5 Aprile durante la tre giorni di iniziative e laboratori organizzata a Xm24 in difesa dello spazio e dell’autogestione in città Eat the Rich invita tutt@ ad una cena di autofinanziamento per sostenere le spese del collettivo di cucinier* e quelle dello spazio.

Menù in aggiornamento. Come sempre nel piatto i prodotti a km0 politico dalle campagne dei produttori di CampiAperti – Associazione per la Sovranità Alimentar cucinati e condivisi a un prezzo autogestito e consapevole.

Pranzo benefit arrestate/i di Torino (15/2@ p.zza Verdi)

La mattina dello scorso 7 febbraio a Torino la polizia ha fatto irruzione negli spazi dell’Asilo occupato, storica occupazione anarchica nel quartiere popolare Aurora da tempo al centro di processi di gentrificazione. Lo sgombero si è concluso solo dopo oltre 30 ore di resistenza dei/lle compagn* sui tetti dello stabile. Nel frattempo in 6 sono stati tratti in arresto con l’infame accusa di associazione sovversiva con finalità terroristiche. Altr* sono stat* fermat* durante le cariche che hanno accompagnato lo sgombero.
Sabato 9 febbraio un corteo di migliaia di persone ha contestato lo sgombero dell’Asilo e l’operato di questura e sindaca di Torino, portando la solidarietà agli arrestati e la rabbia collettiva per le vie della città. Durante le dure cariche della polizia sono state fermate altre 10 persone, attualmente detenut* in carcere con accuse molto gravi.
A tutti gli/le arrestat* di questi giorni va la nostra vicinanza e solidarietà. Venerdì 15 febbraio porteremo in piazza verdi un pranzo autogestito benefit per tutt* loro.
Non mancate.
TUTTE LIBERE, TUTTI LIBERI.

Pranzo e presidio solidale con il Comitato Abitanti Giambellino

Il 13 dicembre 2018 è stata duramente attaccata un’importante esperienza di autogestione ed occupazione a scopo abitativo. In quel giorno sono state disposte 9 misure cautelari e ancora oggi 8 compagni si trovano agli arresti domiciliari con l’assurda accusa di associazione a delinquere. L’operazione repressiva è stata accompagnata da un’infame narrazione mediatica che ha dipinto gli occupanti del Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio come criminali gestori di un “racket”. In tutta questa infelice e assurda montatura mediatica e giudiziaria alcuni li hanno definiti Robin Hood, un nome che è stato rivendicato ed utilizzato per diffondere una campagna di solidarietà a cui aderiamo da Bologna con questa iniziativa (In fondo l’appello lanciato dai/lle compagn* di Milano)
Nella mattinata di oggi, 5 febbraio 2019, un nuovo attacco ha colpito il comitato: i carabinieri hanno sgomberato nuovamente e posto sotto sequestro la Base di Solidarietà Popolare.

L’attacco alle occupazioni abitative e ai/lle compagn* milanesi è un duro attacco contro la lotta per la casa e un tentativo di restringere ulteriormente gli spazi di agibilità politica per le lotte sociali.
Solidali con il Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio, Eat the Rich e il Collettivo Universitario Autonomo invitano tutt* ad un pranzo/presidio solidale venerdì 8 febbraio in via Irnerio 53 (angolo via de Rolandis arrivando da P.zza Puntoni), di fronte all’edificio che un tempo ha ospitato Taksim, lo studentato occupato come soluzione alla pessima condizione abitativa di studenti/esse bolognesi, sgomberata nell’ottobre 2014.

VENERDI 8 FEBBRAIO APPUNTAMENTO ALLE ORE 13 IN VIA IRNERIO 53

Eat The Rich e Collettivo Universitario Autonomo Bologna

Di seguito il comunicato che lancia la campagna di solidarietà

+++SIAMO TUTTI ROBIN HOOD, CAMPAGNA DI SOLIDARIETA’+++

http://siamotuttirobinhood.it/

Come ormai tutti e tutte saprete più di un mese fa, il 13 dicembre 2018, il Comitato è stato duramente colpito; 8 persone sono state arrestate e si trovano tuttora ai domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere. L’indagine condotta dai Carabinieri è ancora in corso, e coinvolge una settantina di persone.

La grandezza di questa operazione repressiva è chiaro indice della volontà di eradicare e criminalizzare in generale ogni lotta sociale viva e combattiva, e nello specifico un gruppo di persone, unitesi fra loro per cambiare la propria vita. Un’operazione come questa non riguarda solo il Giambellino, ad essere chiamata in causa qui è ogni comunità resistente, ogni collettività che costruisce in luoghi e forme diverse i frammenti di un mondo a venire, da opporre alla catastrofe che regna.

Sul sito internet troverete tutte le informazioni inerenti alla vicenda, un calendario con gli eventi in programma e i contatti per contribuire economicamente alle spese legali delle 8 persone arrestate.

Lo spettro della legalità si leva contro il corpo vivo delle lotte, per questo chiamiamo tutti a partecipare a una campagna di solidarietà.

Per il Comitato Giambellino, per gli arrestati e per gli altri indagati, per tutti coloro che sono decisi a organizzarsi.

Ci chiamano Robin Hood.
Questo ci fa onore.

LINK SITO: http://siamotuttirobinhood.it/

 

Eat the Rich è un progetto di mensa popolare autogestita, dietro ogni pranzo c’è un ragionamento preciso e delle scelte che rivendichiamo.
Non viviamo la cucina come uno spazio politicamente neutro e per questo non abbiamo mai voluto separare le riflessioni dalla pratica. Nell’organizzare la nostra cucina rifiutiamo la grande distribuzione organizzata e non acquistiamo quando possibile prodotti nei supermercati. Non rivendichiamo marchi o certificazioni, il nostro è un processo aperto di liberazione. Scegliamo di sostenere le economie solidali di produttori e trasformatori che con noi condividono l’idea di una comunità capace di autodeterminarsi nella scelta, nella produzione, nell’accesso e nella condivisione del cibo.
Proponiamo un prezzo autogestito perchè ognuno possa avere secondo i propri bisogni e dare secondo le proprie possibilità, consapevoli di non volere offerte ma contributi di ogni tipo per la condivisione di un progetto di costruzione di alterità politica e autogestione, che inizia nelle campagne sottratte all’agricoltura intensiva e allo sfruttamento umano ed animale, e prosegue nei momenti di cucina collettiva negli spazi sociali e nei territori di resistenza.
Eat the Rich vive la cucina come un luogo di autogestione e conflitto a partire dalla centralità della condivisione di un pasto genuino e accessibile.
L’invito a tutte e tutti è a partecipare ogni venerdì ai pranzi che si terranno nello spazio pubblico autogestito ed occupato Xm24, nonché al momento di cucina dalle 9.30 di mattina del venerdi e all’assemblea settimanale che si tiene ogni lunedi sera alle 20.30

Eat the rich – gastronomia precaria
la gioia è sovversiva se se magna

27 Giugno // Entroterra – memorie e desideri delle montagne minori

Eat the Rich è sempre stato innanzitutto una pratica, quella del cucinare, portatrice di tutta una serie di scelte e possibilità che apre davanti a sé.

Con “Entroterra” parleremo di come un’altra pratica, il camminare, possa essere foriera di relazioni e incontri, strumento di conoscenza e ricerca; di come possa tracciare nuovi percorsi battendo vecchi sentieri. Di com’è possibile scoprire e lasciare tracce lungo la dorsale appenninica, territorio che ha vissuto un processo di spopolamento dovuto a svariate ragioni; dalle spinte dell’industrializzazione a terremoti e conseguenti ricostruzioni altrove, dal mero desiderio di fuga da una vita aspra e dalle fontamare.

Se da un lato rifiutiamo il mito del progresso e della crescita industriale ad ogni costo, non possiamo dall’altro cedere a semplificazioni e mitizzazioni di un passato bucolico e di una “naturalità” concepita come rifugio dalle dinamiche perverse del capitale. Natura e società si intersecano vicendevolmente e tanto quanto gli spazi urbani, anche quelli agricoli e rurali sono continuamente attraversati da dinamiche di sfruttamento e processi di valorizzazione. Lo spazio “naturale” con cui abbiamo a che fare è uno spazio assolutamente economizzato: il suo esser contabilizzato nei quadri economici, la finanziarizzazione del rischio ecologico o la compravendita di “quote emissioni” stabilita dal protocollo di Kyoto non sono che gli ultimi esempi di un lungo processo di inclusione del limite ambientale nei meccanismi della produzione capitalistica.

Il paesaggio montano, in quanto reale, era e resta contraddittorio e in questi anni sta vivendo una nuova attenzione. Si apre una partita tutta da giocare, e le traiettorie possibili spaziano dall’ipotesi di un ripopolamento che parta dalla resistenza di chi non se ne è mai realmente andato/a, al pericolo di finire nel circ(uit)o del turismo di massa.

Dissotterrando e risignificando gesti e pratiche, innestandole in nuovi contesti e ragionamenti, dall’organizzazione della vita in comune all’uso collettivo delle terre; potrebbe essere possibile costruire alternative possibile agire conflitto. Esistono pratiche e usanze di comunità che ancora oggi possono essere radicalmente diverse dalle forme dell’organizzazione del capitale e, se ricomposte in un quadro più ampio e critico, possono divenire uno strumento di attacco al presente che sia capace di andare oltre la mera gestione delle conseguenze ambientali dell’accumulazione capitalista.

È quello che un po’ abbiamo sempre tentato di fare anche con Eat the Rich. Cercando di muoverci su un crinale rischioso, giocando un’ambivalenza. Se da un lato fare mensa popolare per noi vuol dire condividere un pasto, ma rifuggendo il mero servizio e l’assistenzialismo – avviando percorsi lenti e tortuosi per aprire spazi in cui chi attraversa le nostre iniziative sappia, ad esempio, dove prendiamo quello che cuciniamo e qual è il senso di un prezzo autogestito come possibile risposta all’accesso a prodotti liberi da sfruttamento. Dall’altro non tralasciare l’azione diretta, l’individuare e attaccare alcune delle teste del capitale, scendere in strada e mettersi al servizio delle situazioni di lotta e resistenza è per noi una necessità.

Oggi quindi vorremmo muovere un altro passo in avanti e giocare queste ambivalenze fertili, cercando di non tracciare confini netti fra lotte ambientali e lotte anticapitaliste, ma ipotizzando alleanze possibili a partire dalla materialità dei bisogni e dalle possibilità che si aprono nelle contraddizioni che attraversano lo spazio urbano e i sentieri di montagna. Lo faremo con la presentazione e la proiezione di “Entroterra”, ma anche con un dibattito collettivo a cui invitiamo tutt*.

 

ore 20 Ultima cena estiva a cura di Eat the Rich

ore 21 proiezione di “Entroterra – memorie e desideri delle montagne minori” (Doc – ITA 2018 – 61′) un film di Andrea Chiloiro, Riccardo Franchini, Giovanni Labriola, Matteo Ragno
Prodotto da Boschilla e Caucaso

ore 22 discussione con gli autori (progetto Boschilla?), Wu Ming 2 e Andrea Ghelfi (ricercatore indipendente)

 

Sinossi: Sono centinaia i paesi, le borgate e le frazioni abbandonate e sparse lungo tutta la dorsale
appenninica. Sono la traccia sul territorio della marginalità delle aree interne e insieme il simbolo
dei cortocircuiti di univoci modelli di sviluppo che troppo spesso hanno condotto altrove chi vi
abitava. Oggi questa montagna minore è ancora vissuta. Tratto da un’esperienza di viaggio e di
ricerca, Entroterra ricostruisce i recenti processi di spopolamento di territori molto distanti fra loro.
Dall’Emilia alla Calabria, dalla Campania all’Abruzzo, storie, luoghi e personaggi si intrecciano in
un’unica voce appenninica, in cui eventi e tendenze affini rivelano nuove prospettive e possibili
radicamenti in alta quota.