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Festival delle cucine: Tavolo 4

Arriva oggi il quarto testo verso il Festival delle Cucine Popolari Autogestite IV edizione (NAPOLI), introduce il tavolo dedicato alla Turistificazione delle città e allo sviluppo del settore della ristorazione.

Con il termine “turistificazine” si identifica il processo di intenso sviluppo delle attività connesse al turismo, ossia l’aumento significativo del complesso di servizi per lo più commerciali dedicati all’utilizzo da parte di chi, il turista, si muove dal proprio luogo di residenza in un altro durante il tempo libero. Il turismo che conosciamo si intreccia sempre più in Italia con lo sviluppo parallelo del settore della ristorazione e questo spazio di investimenti rappresenta uno dei pochi settori in crescita nel paese. Eppure questo non produce alcun tipo di benessere diffuso ed è ingannevole credere che possa essere il vettore per il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche delle nostre città. Il turismo che conosciamo è attacco del capitale al cuore di queste, è trasformazione della fisicità urbana e ancor peggio è imposizione di forme di vita e di sfruttamento. Il turismo è un modello che ha cambiato tutte le più grandi città europee e non solo, attraverso processi di espulsione di poveri e indesiderati, “pacificazione” di zone di conflitto metropolitano e controllo dei quartieri che oggi si presentano come luoghi di consumo, dove in qualsiasi momento è disponibile un posto dove dormire ed a qualsiasi ora è possibile mangiare qualcosa. E’quello che accade a Napoli ma anche a Bologna, Roma, Torino, Milano o altre città seppur con piccole differenze e specificità (o forse dovremmo dire specialità tipiche) locali. In questi luoghi, e in qualche modo anche nei centri minori, il turismo è divenuto nuovo spazio di accumulazione capitalistica che accelera processi di segregazione socio-spaziale e inventa una nuova produzione e un nuovo consumo del cibo, slegato dal concetto di nutrizione ed animato da un’ irrefrenabile ingordigia consumistica o dalla messa a valore della salute (i cibi biologici, naturali, ecc, dietetici,ecc.).
Questa letterale abbuffata travolge gli abitanti delle città e muta i modi e i tempi dell’alimentazione e della condivisione del cibo rendendo ogni pasto un occasione per nuovi profitti. Le nostre città si riempiono sempre più di bar, ristoranti, alberghi, ma non solo: negli ultimi anni si sono diffuse a macchia d’olio anche caffetterie, vinerie, birrerie, dolcerie, cocktailerie, frescherie, spritzerie e cosi via. E’ un sistema che naturalmente necessita di sfruttati: giovani studenti ed immigrati in primis ma non solo, che spesso senza nemmeno un contratto oppure assunti attraverso fantasiose e precarie forme di impiego, sono costretti a ritmi di lavoro massacranti per pochi soldi, mentre cresce la concentrazione di ricchezze nelle mani dei grandi proprietari di quelle che potrebbero essere considerate nuove fabbriche metropolitane.
Il tavolo su turistificazione e ristorazione, nato durante l’ultima edizione del festival e che aveva portato alla stesura di un questionario rivolto ai lavoratori e alle lavoratrici del settore (qui compilabile: https://framaforms.org/inchiesta-sul-lavoro-nel-settore-della-ristorazione-1536661042), si propone di discutere questi temi aggiornando strumenti di conoscenza e ragionando sulle possibilità di resistenza e organizzazione.

Festival delle cucine: Tavolo 2

Ecco il testo introduttivo per il secondo tavolo previsto per sabato 25 aprile durante il Festival delle Cucine Popolari Autogestite IV edizione (NAPOLI)

2) Antispecismo

“non vogliamo gabbie più grandi, vogliamo gabbie vuote”

Alla quarta edizione del festival e al netto degli sviluppi anche contraddittori degli anni passati rispetto alla traccia di questo tavolo, abbiamo comunque deciso di non tralasciare l’argomento e al contrario di ri/cominciare a ragionarci insieme, provando a slegarci dalla dicotomia tra vegano e non vegano, cercando di decostruire lo specismo come modello sociale di vita imposto e strutturato all’interno della nostra società.
Condividiamo questa definizione comparsa in un articolo di alcuni mesi fa: “L’antispecismo è un movimento politico, basato su un impianto ideologico che ripudia qualsiasi gerarchia e discriminazione in base a razza, genere, stato sociale e specie. In sostanza, la sua specificità risiede nel non accettare e non giustificare quello che per molti è perfettamente naturale: la supremazia umana sul “non-umano”. (*http:/…/quasi-amici-sempre-nemici-p…-bertuzzi-giulio-sapori/)
Abbiamo deciso di analizzare questo campo di tensione e di ragionamento partendo da noi, compagne e compagni antifascist* antisessist* antirazzist* ma sempre troppo poco antispecist*. Ci piacerebbe raccogliere le impressioni di tutte e tutti coloro che dedicano il loro tempo e portano avanti non senza difficoltà queste istanze, all’interno di un movimento dove è difficile prendere voce e in cui troppo spesso l’antispecismo viene considerato come un moto individuale empatico e non una pratica politica. Lo faremo partendo da quello che sappiamo fare: cucinare, zappare, seminare, impastare…
E lo faremo cercando di leggere nelle teorie e pratiche antispeciste gli elementi di rottura che le rendono forme di lotta contro il capitale, parte di un insieme più ampio di pratiche politiche per attaccare l’esistente e scardinarlo.
Siamo convinti che ogni piccolo passo, anche se maldestro, fatto insieme ci darà forza, soprattutto all’interno delle nostre cucine collettive e clandestine. Crediamo fortemente che questione sociale,‭ ‬questione animale e questione ambientale non siano separabili.‭‬‬ E vogliamo parlare di corpi allontanandoci dall’idea del corpo fisico ma immaginandolo come spazio attraversabile e di connessione con l’altr*.
Sappiamo che sarà difficile e che potremmo anche farci trasportare da flussi di coscienza o ritrovarci su posizioni molto distanti, ma assumiamo collettivamente la sfida di tentare di capire come questo tavolo di discussione possa trasformarsi in pratica quotidiana provando a raccontare le nostre esperienze e cercando di ragionare sulle criticità .

Festival delle cucine: Tavolo 1


Da oggi a venerdì pubblicheremo ogni giorno un breve testo. Proponiamo questi primi scritti collettivi come introduzioni per il dibattito nei tavoli di discussione che si terranno sabato 25 maggio durante il Festival delle Cucine Popolari Autogestite IV edizione (NAPOLI)

1) Organizzazione delle cucine in movimento tra emergenze e contesti di lotta

Quello che ci piace fare, oltre ad offrire pasti gustosi e costruire momenti conviviali, è costruire ragionamenti intorno al cibo e pensare questo come uno strumento di lotta e resistenza oltre che di socialità. Negli anni ci siamo trovati più volte a sperimentarne la valenza politica e la capacità di scatenare processi di conflitto. Dagli scogli di Ventimiglia alla stazione di Como, passando per i picchetti antisfratto e gli sgomberi nelle nostre città abbiamo visto come l’autoproduzione di cibo possa permettere l’autorganizzazione di quartieri e comunità divenendo un ingrediente fondamentale per la lotta.
La pratica della cucina collettiva ci ha portati a guardare il cibo non più solo come un bene materiale di prima necessità ma anche e soprattutto come un’arma di solidarietà per chi si ritrova a resistere a sgomberi, misure cautelari o soprusi vari messi in atto dal sistema politico. Grazie all’esperienza di questi anni abbiamo maturato la consapevolezza che il cibo, oltre ad essere necessario alla sopravvivenza di tutt*, può essere anche “solidale” con la resistenza di chi si impegna nelle lotte sociali. Perché questo avvenga non ci sono ricette pronte, ma guardando a ciò che già è successo possiamo cominciare a pensarne collettivamente alcune.
Giunti ormai alla quarta edizione del festival del cucine ci ritroviamo nuovamente a discutere e a confrontarci su come le nostre cucine si autorganizzano quotidianamente e nelle situazioni di lotta e resistenza, convinti che un confronto collettivo su questi temi sia sempre necessario e utile. Da diverso tempo c’è l’idea di produrre assieme un materiale scritto, che possa essere strumento utile per altre realtà che si trovano davanti al “come” fare una cucina popolare autogestita. Difficile proporre un modellino unico, perché le variabili sono tante, e anche le scelte politiche che si prendono. Proveremo anche quest’anno a sederci intorno ad un tavolo e condividere esperienze e suggerimenti, racconti di successi e di sconfitte per continuare a progettare insieme un modo di vivere la cucina come spazio aperto, inclusivo, libero e come strumento per attaccare il presente.