Category Archives: General
Forno Subito
Bologninopoli – Festa popolare di quartiere
qui il programma: https://www.facebook.com/events/317641058602354/
L’11 Ottobre 2008, con alla testa il sindaco Cofferati, una processione con tanto di fanfara da Piazza Maggiore arriva in via Fioravanti per inaugurare la nuova sede amministrativa del Comune di Bologna. Il nuovo e scintillante obbrobrio di vetro e metallo chiamato Palazzo Bonaccorso, in onore al Podestà che redasse il Liber Paradisus, che darà il nome alla piazza antistante. “Il primo pezzo del futuro cambiamento del quartiere circostante” dichiarò il sindaco.
Un atto non solo simbolico che segna la forte, e violenta, volontà di decidere il futuro della Bolognina. Continue reading
6 Ottobre Eat the Rich riaccende i fornelli @Vag61
Si riapre una nuova stagione per la cucina popolare Eat the Rich a Vag61!
Ci vediamo ogni giovedi dalle 12.30 alle 14.30 a partire dal 6 Ottobre
Eat the rich è una mensa popolare autogestita: non un servizio per la città, ma una contraddizione che si è aperta dentro questa.
Dietro ogni pranzo vi è un ragionamento preciso e delle scelte che rivendichiamo. Per noi la cucina non è uno spazio politicamente neutro e per questo non abbiamo mai voluto separare le riflessioni teoriche dalla pratica quotidiana.
Eat the rich rifiuta la grande distribuzione organizzata e non acquista prodotti nei supermercati, quando risulta indispensabile per motivi contingenti se ne appropria, schierandosi contro il profitto ottenuto da quei prodotti industriali, di scarsa qualità o accessibili a pochi, realizzati attraverso le filiere dello sfruttamento.
Eat the rich sceglie di sostenere le economie solidali di produttori e trasformatori che con noi condividono l’idea di una comunità capace di autodeterminarsi nella scelta, nella produzione, nell’accesso e nella condivisione del cibo.
Quello che cuciniamo non è solo buono e accessibile. Quello che arriva nei piatti della nostra mensa è un’ elaborazione politica prima ancora che culinaria, il frutto della cooperazione e della cospirazione di tant*, nonché del tempo che dedichiamo a questo progetto. Non facciamo volontariato ma militanza.
Il prezzo autogestito è ciò che permette di redistribuire la possibilità di un accesso per tutt* a un pasto genuino, il senso è questo: chi può lasciare di più permette a chi può lasciare di meno, o niente, di mangiare con noi. L’invito a pulire il proprio piatto, a condividere con chi vuole la costruzione del pranzo dalle 9 di mattina del giovedì, e nell’assemblea settimanale del martedì sera, sono secondo noi l’occasione per praticare insieme un momento di sovranità alimentare riproducibile altrove, uno spazio aperto per ragionare come una cucina possa essere un luogo di resistenza, conflitto e autogestione.
Eat the Feet – in cammino verso Genuino Clandestino in Sardegna
puoi aprire/scaricare il pdf cliccando qui: Eat the Feet!
Lo Spaccio Popolare Autogestito chiude.
Ci rivediamo dopo l’estate!
Primo bilancio di attività: febbraio-giugno 2016
Il 1 febbraio 2016 è stato inaugurato presso il Circolo Anarchico Berneri di Bologna lo Spaccio popolare autogestito (Spa). Si è svolto tutti i lunedì fino a fine giugno. Nei mesi di febbraio e marzo dalle 17:40 alle 19:30 circa, da aprile in avanti si è protratto fin verso le 21, all’interno del circolo o nel portichetto antistante a esso. In alcune occasioni, come nel caso di iniziative in piazza dell’Unità o del Festival delle cucine popolari e autogestite di aprile, lo Spa è “uscito” dal circolo e si è tenuto per strada. Il progetto Spa nasce e si sviluppa – come scrivevamo nei giorni della sua inaugurazione – all’interno della Rete Eat the Rich una rete di mense, gruppi di acquisto e piccoli produttori, protagonista negli anni passati di svariate iniziative, tanto nelle piazze quanto in un paio occupazioni di stabili abbandonati, occupazioni sgomberate dalla polizia con grande celerità.
Nel tentare l’esperimento dello Spa ci davamo alcuni obiettivi: allargare e approfondire le dinamiche autogestite di produzione e consumo fuori da qualsivoglia logica speculativa; rafforzare i legami e le reti già esistenti tra produzione e consumo in un ottica di mutuo aiuto e di relazioni umani e sociali liberate e in continua liberazione; supportare e dare visibilità alla rete dei produttori libertari e resistenti.
Ci siamo riusciti? Pensiamo di sì, almeno in parte. Abbiamo distribuito senza rincaro e a prezzo di costo per lo più prodotti secchi provenienti da cooperativa Iris, Comune Urupia, caffè Malatesta, Vio.Me di Salonicco, SOS Rosarno, Mondeggi Fattoria senza padroni, e da altri piccoli produttori, locali o meno, come La Colombara, Aligi e Ceci, Silvia Tagliasacchi, Penazzi, Mino dell’Orto dei Turat, Gianluigi compagno della Casa del Popolo di Giulianova, ovvero: pasta di vario tipo, passate di pomodoro, prodotti da forno salati e dolci, vino, caffè, saponi, trasformati di varia natura, olio, riso, farro, farine, ceci, mieli, propoli, in qualche raro caso prodotti freschi come arance (da Terre di Palike), limoni, avocadi, olive.
Punto centrale delle nostre scelte è l’attenzione all’impatto ambientale riducendo al minimo agli imballaggi, e alla logistica, scegliendo ove possibile il trasporto dei prodotti tramite la collaborazione dei compagni partecipanti.
Insieme ai prodotti abbiamo distribuito materiale informativo sulle varie realtà di autoproduzione e cercato di rendere chiaro come lo spaccio intenda coniugare la qualità dei prodotti sani e naturali con il sostegno a produttori libertari a un prezzo giusto ma accessibile.
A volte l’attività dello Spa si è affiancata a un momento di distribuzione del Giaz. Sono state le giornate con maggiore afflusso e questo ci è parso sicuramente un fattore positivo e di crescita.
Da qui ripartiremo dopo la pausa dei mesi estivi con l’intento di consolidare e rafforzare ulteriormente questo esperimento di autogestione.
Spaccio Popolare Autogestito
#7M – No al TTIP
Mentre a Bologna ci sarà la prima giornata del Festival delle Cucine Popolari ed Autogestite, dove brigate di cucinier* condivideranno idee e pratiche, domani in tanti e tante si incontreranno a Roma per urlare un chiaro NO al TTIP.
Ci opponiamo al fatto che l’accessibilità a un cibo genuino e privo di OGM, una giusta retribuzione per chi lavora la terra e lo svincolarsi dalla GDO attraverso reti, GAS e relazioni personali vengano sacrificati in nome del saccheggio, del profitto, della speculazione e delle logiche capitalistiche di mercato. Anche alla luce delle recenti rivelazioni, non si può tacere di fronte a un trattato intercontinentale che non avrà altro risultato se non la distruzione e la scomparsa di tuttò ciò che è genuino e giusto.
Col coltello e la forchetta ci mangiamo il padrone, e il trattato dopo la digestione!
Solidarietà al corteo al Brennero: annullamento del IV tavolo
Come Rete Eat the Rich avevamo pensato di dedicare uno dei tavoli di lavoro della prima giornata del Festival delle Cucine Autogestite, il 7 maggio, alla questione del cibo all’interno delle istituzioni detentive, per provare insieme ad altr* a condividere le informazioni, sempre molto frammentarie, che si hanno in merito, riflettere sulle lotte che anche su questo terreno si sono mosse e pensarne altre ancora. Il 7 maggio è anche la data scelta per un corteo di opposizione alle frontiere, al confine Italia-Austria, dove il governo austriaco sta rafforzando il dispositivo di controllo e gestione della mobilità sul confine.Riterremmo contraddittorio e incompatibile lo svolgimento di quel tavolo quando, nello stesso momento, una delle lotte di cui avremmo voluto discutere ha un suo momento di esplicitazione: per questo il tavolo non avrà luogo nella forma che avevamo pensato.
Poniamo in calce a questo comunicato il testo da cui avremmo voluto muovere la discussione del 7, e invitiamo tutt* coloro che fossero interessat* a questi ragionamenti e convint* dell’utilità di avviare una discussione di questo tipo a incontrarci il giorno dopo a XM24.
Tavolo di discussione su profitto e controllo: il cibo nelle istituzioni totali
E’ ormai lampante che il cibo, la sua produzione e distribuzione, siano oggi tra i principali assi nella
manica dell’imbellettamento “buono, pulito e giusto” (cit.) che i grandi potentati economici e i loro
piccoli parenti stanno affannando a darsi negli ultimi anni. È altrettanto evidente come attraverso
questi processi agiscano nuove forme di controllo, di sfruttamento e di profitto.
Mangiare, si sa, è una necessità per chiunque e ciò ne fa un’occasione assai ghiotta per quegli attori
che decidano di approfittarne. Questi processi, ben consolidatisi in ogni ambito di vita, sono ancor
più espliciti nelle istituzioni detentive, entro i cui i confini già il potere è esercitato, a partire dalla
privazione della libertà, come una sequenza di forme di ricatto.
Nelle carceri come nei CIE, grande distribuzione e cooperative fanno affari d’oro con gli appalti per
la distribuzione e la gestione degli alimenti. E se il profitto è forse l’elemento più lampante su cui
costruire un ragionamento intorno al cibo nelle istituzioni totali, certamente non è l’unico.
Nella parabola del reinserimento sociale dei detenuti tramite il lavoro, per esempio, si può tracciare
un tentativo di domesticazione allo sfruttamento. allo stesso modo nel dispensare un condimento di psicofarmaci nei piatti dei prigionieri dei CIE si può intuire un esperimento di prevenzione rispetto a possibili rivolte.
Non ci sembra azzardato leggere in questi dispositivi delle linee guida e delle reciproche
contaminazioni tra Dentro e Fuori.
Sui litorali di Ventimiglia un’ordinanza del sindaco fa divieto di “sfamare i migranti”, pena multe
salatissime: lo si afferma fuori, lo si ribadisce dentro, che solo chi è complice può decidere di
graziare gli esclusi con un pasto.
Nei cie come nei neo-costituiti hotspot i pasti non sono che un altro strumento di ricatto, l’ennesimo
dispositivo di controllo per cui anche la fame deve essere disciplinata dagli orari e dalle regole
imposte dall’istituzione.
Per le strade delle città, negli uffici delle società che gestiscono l’alimentazione di carceri e cie, più
o meno loschi imprenditori del sociale annaspano nel tentativo di legittimare le loro complici
attività. E così si portano gli chef stellati a mettere in riga i detenuti, la produzione di cibi biologici
a civilizzare la realtà carceraria.
Consapevoli che questo piano di riflessione non è esaustivo, così come le informazioni di cui
disponiamo non possono da sole fornire il quadro della situazione nella sua complessità, riteniamo
importante proseguire il lavoro confrontandoci non solo sugli spunti di riflessione, ma anche su
esperienze e pratiche di lotta sperimentate in questi contesti. L’idea che sottende la discussione di
questo tavolo è da un lato una riflessione collettiva sull’uso che del cibo viene fatto come
dispositivo di controllo e sfruttamento, come terreno privilegiato del greenwashing sociale più
spregiudicato, dall’altro ripensando il cibo come strumento di lotta e resistenza.
Ragionando sul ruolo del cibo secondo queste linee, vorremmo riuscire a sistematizzare le
informazioni disponibili e a ragionare sulle pratiche già esistenti, discutendo collettivamente dei
percorsi possibili.