Menù in aggiornamento. Come sempre nel piatto i prodotti a km0 politico dalle campagne dei produttori di CampiAperti – Associazione per la Sovranità Alimentar cucinati e condivisi a un prezzo autogestito e consapevole.
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Cena benefit per Bolognola
Dalle 20 cena benefit per Bolognola
saranno a disposizione materiali informativi e immagini dei lavori di autoricostruzione
Dopo gli ultimi eventi sismici di questi mesi, in uno dei territori coinvolti, Bolognola in provincia di Macerata, è iniziato un lavoro di cooperazione e risposta dal basso in evidente contrasto con la gestione classica delle “emergenze” di questo tipo. Una serie di nodi della rete di Genuino Clandestino (fra cui Campi Aperti da Bologna) si sono mossi per dare supporto a contadini e allevatori di Bolognola: questi ultimi si sono trovati a dover fare fronte a una tale emergenza contando solo sulle proprie forze, mettendo a serio rischio le loro vite, le loro attività e la sopravvivenza stessa di un’intera comunità montana che da queste dipende molto. Altre iniziative di solidarietà sono partite nel vicino territorio di Amatrice.
Come Rete Eat the Rich riconosciamo le pratiche di autodeterminazione che si articolano nei territori – di autoricostruzione dal basso, in questo caso – come nostre. Perché sono pratiche politiche e conflittuali, risposte di chi in questi anni, dal movimento NoTAV in avanti, abbiamo imparato ad ascoltare e seguire con sempre più attenzione.
Perché non crediamo invece nelle risposte dello Stato e del “circo” della gestione delle emergenze, che crea solo zone rosse e il cui interesse è quello di governare la popolazione attraverso l’emergenza, senza alcuna volontà di ascoltare i bisogni e i desideri di un territorio. Tante, troppe volte si è visto ciò in modo lampante, a L’Aquila ancor più che in Emilia: Stato per il quale la ricostruzione è solo argomento da mettere sul tavolo di contrattazione con l’Europa o mera speculazione per i (ri)costruttori.
Vogliamo dare vita a una raccolta fondi, che saranno destinati ai progetti esistenti a Bolognola per l’acquisto di ciò che serve all’autoricostruzione (pali, ferramenta, rivestimenti, ecc.) per rendere possibile la permanenza in quelle zone di allevatori, agricoltori e di tutte e tutti coloro che le abitano.
Rete Eat the Rich!
8 dicembre, corteo a Firenze
Ventimiglia #5 – We’re welcome: storia di una giravolta
E’ da poco terminato il vertice del consiglio europeo a Bruxelles, le vite di decine di migliaia di migranti sono state nuovamente oggetto della farsa istituzionale, trattate come fossero oggetti da “redistribuire, riallocare”: corpi privati della libertà di decidere. Eppure qui a Ventimiglia dove una parte di questa vita è confinata sugli scogli da ormai quasi tre settimane la parola torna a loro. Abbandonati a loro stessi in un gioco allo sfinimento imposto dall’assenza delle decisioni e degli aiuti istituzionali, compressi tra i blindati della Gendarmerie e quelli della Polizia, costantemente fotografati da ufficiali in borghese che stazionano nel bar situato nei pressi degli scogli. Capiamo subito che nessuno può farli arrendere. Suonano, cantano, ballano e ridono venerdì sera in mezzo ai solidali giunti dalle zone limitrofe. Quella sera per la prima volta non abbiamo cucinato da soli. Dal primo pomeriggio sono arrivati in tanti ai nostri fornelli portando i sapori e le ricette dei paesi che hanno lasciato, confrontandoli con i nostri piatti e scambiando pentole, assaggi ed aiuti. Ibrahim, che in cucina pare avere ottime capacità, ci chiede più volte di assaggiare i piatti per capire a che punto è la cottura e alle 20 ci porge un piatto di chorba (lui non può ancora mangiare perché osserva il ramadan e il sole deve calare ancora) e con un sorriso ci dice “You’re welcome”. Benvenuti nella mia storia, nella mia vita. Una bella giravolta: eravamo noi quelli andati a Ventimiglia per dire loro “Benvenuti”.
Quando la musica finisce e i tamburi smettono di suonare, non tutto ancora tace. Anche questa notte sono le partite di calcetto giocate nel parcheggio, dove abbiamo la cucina, a tenerci svegli fino a tardi. Poi la giornata di sabato inizia lentamente ed è ormai ora di pranzo quando hanno inizio le prime discussioni tra i migranti. Il clima comincia forse ad appesantirsi a causa della stanchezza, ma presto tutto si compone in una forma assembleare multilingue e veniamo anche noi coinvolti nel dibattito. Dopo aver capito l’insofferenza di fronte all’ennesimo “nulla” xenofobo prodotto dall’incontro di Bruxelles ci siamo riuniti insieme ai compagni e alle compagne del Presidio no Borders Ventimiglia, ad alcuni migranti e ai pochi solidali arrivati dal nord-Italia e da Nizza. La discussione è stata subito pragmatica, costretta a scontrarsi con la condizione di emergenza e di abbandono nella quale versano le oltre 150 persone accampate sugli scogli, con le esigenze vitali di tanti e tante e con la stretta sorveglianza fascista dei governi europei. Discussione materiale ma non per questo a-politica, che ci ha messo di fronte ad un’impotenza di fondo: vagliando le varie possibilità è stato evidente che quello che possiamo fare è comunque poco rispetto alla situazione generale. Con questo abbiamo fatto i conti nelle cinque assemblee che facciamo durante la giornata.
Con questo dobbiamo fare i conti.
Qualcuno decide di fare un giro per controllare cosa succede in città e alle altre frontiere. Lo spettacolo è sempre il medesimo: posti di blocco e polizia nelle strade, continui controlli e inoltre la presenza di container (che secondo gli accordi vengono definiti “moduli”) alle frontiere, dove i militari francesi riportano e trattengono i migranti fermati sui treni e sul territorio. Arrivati alla frontiera, la scena che si presenta chiarisce subito quale sia il trattamento riservato a questi: una famiglia siriana, rinchiusa in un “modulo” viene fatta uscire solo all’arrivo dei compagni che, per pura casualità, si trovano sul posto. Questi, impauriti e spaesati, raccontano di essere stati fermati sul treno per Bruxelles con biglietto regolare e portati lì dopo il sequestro dei loro biglietti. La famiglia era anche munita di regolari passaporti e l’ingiustizia ci sembra doppia, nel momento che quando siamo noi a passare la frontiera nelle pause della giornata non ci viene chiesto alcun documento.
La polizia francese fa ovviamente spallucce di fronte alla richiesta di restituirli. Fortunatamente pochi minuti dopo, non lontano da lì, i quattro incontrano un pullman e il conducente si ferma appositamente per farli salire e portarli in Francia a Nizza. Lì nessuno vuole stazionare, le terre francesi governate da Hollande non sono più una meta ambita da chi sbarca sulle coste italiche. Questi ragazzi, per lo più giunti dal Sudan e dall’Eritrea, ci dicono di volersi spingere fino al nord-Europa. Noi non potremo accompagnarli in questo lungo viaggio, ma fino a quando questa situazione di resistenza all’esclusione continuerà dovremo impegnarci per essere sempre di più lì, con il cuore, ma soprattutto con i nostri corpi insieme ai loro. E la nostra cucina, che oramai è diventata un punto di riferimento per tutto l’accampamento nonostante i ripetuti tentativi delle forze dell’ordine di allontanarci con la scusa delle bombole o dell’acqua. Permettere dapprima un pasto, ed in secondo luogo la possibilità di prepararlo insieme, crediamo sia stato importante e ci abbia permesso di superare il modello di intervento assistenziale, gestito male dalla Croce Rossa (ci sono voluti giorni di proteste per far rimuovere dal sole un camion di viveri freschi della Croce Rossa francese). Pur nelle mille difficoltà un obiettivo è stato raggiunto, quello di parlare insieme nella lingua che preferiamo: quella della chorba e della pasta con il pesto, della solidarietà conviviale che è anche della lotta.
Gastronomia precaria e clandestina – Eat the Rich e CampiAperti
Ventimiglia #3 – Cosa difende una frontiera
Ventimiglia, dicono, ma i piedi appoggiati sugli scogli hanno il peso di ventimila miglia.
Ventimiglia, dicono, direzione Costa Azzura, le decappottabili sfrecciano di passaggio.
Ventimiglia, “we are not coming back” si sente risuonare.
Ventimiglia e 16 giorni di ostinata indisposizione a farsi spostare in luoghi meno visibili, meno urticanti per la suscettibilità e il “decoro”, non un passo indietro nemmeno in cambio di una doccia un letto e un po’ d’ombra dopo 2 settimane di sole a picco.
Stando sulla linea di un confine si capisce cosa difende una frontiera, quale e quanto potere, quanti soldi, quanta paura inoculata tutti i giorni a dosi variabili, quanto sia allo stesso tempo un artificio e una condizione necessaria affinchè lo Stato resti governabile, affinché i rapporti mercificati e disumanizzati che regolano la società si riproducano.
Ho scoperto oggi che si può giocare a pallone sulla linea del confine, anche se sei una mezza sega come me, e sentirsi come Maradona.
Adesso anche a noi chiedono “perchè siete qui?”. Chiedono “cosa credete di fare? Di fare la carità, il volontariato, di farli stare meglio? Di dar loro da mangiare? C’è la croce rossa e la rete solidale degli islamici francesi, cosa credete di fare con due fornelli da campo? Cosa credete di fare?”
Io voglio stare qui perchè se può filtrare aurora in questa notte arriverà da qui e quando s’infuocherà il cielo, anche per pochi minuti, non vorrei essere da un’altra parte. Dovreste venire anche voi.
Dopo l’assemblea di mercoledì sera si è deciso che la sera di venerdì 26 ci sarà una grande festa al presidio permanente. Si cucinerà tutti e tutte assieme una grande cena, la cucina da campo di Eat the Rich e CampiAperti ha ricevuto il compito di coordinare le cucine e coinvolgere i migranti nella costruzione della cena. Faremo una grande festa, ci saranno gruppi musicali e tanto cibo dal calar del sole. Danzeremo e banchetteremo per la gioia di aprire spazi di libertà e solidarietà in faccia a chi vuole solo dividere e dominare. We are not coming back!
In alto le forchette,
Rete Eat the Rich e CampiAperti dal Presidio permanente No Borders a Ventimiglia
@Terzo Paesaggio – Radio Città Fujiko – podcast
Eat the Rich: dalla relazione economica all’economia di relazione
Eat the Rich è un progetto di mensa popolare che vuole costruire in città, attorno alla questione cibo, delle risposte concrete all’impoverimento attraverso legami di solidarietà attiva
Da un anno e mezzo a Bologna è nato un progetto di mensa popolare. Si chiama Eat the Rich, una realtà che da una rete di cuochi, produttori e gruppi di acquisto ha realizzato l’idea di cibo di qualità accessibile alle tasche di tutti.
Il cibo è di qualità perché viene dalle mani dei contadini di Campi Aperti, è accessibile perché chi si nutre alla mensa di Eat the Rich paga quello che può, a offerta libera.
La mensa popolare arriva a Bologna come il risultato spontaneo di un progetto per cui il terreno era pronto: da anni i mercati di Campi Aperti e la rete Genuino Clandestino animano la nostra città negli spazi sociali di Vag, Xm24, Labas e la Scuola di Pace di Via Udine. Il mercato già di per sé offre la possibilità di capire che dietro a Campi Aperti e Genuino Clandestino c’è un progetto che va al di là della compravendita di ortofrutta e che vuole raccontare un altro modo di fare agricoltura, di co-produrla (comprandone i frutti), di distribuirla. Con la mensa popolare si va oltre, non si compra per poi cucinare a casa propria, ma si mangia insieme condividendo idee, ricette e socialità. Quest’ultimo passo mette in atto la trasformazione della relazione economica in un’economia di relazione.
L’agricoltura intensiva, industriale, basata prevalentemente sugli scambi commerciali, ha dimostrato di non essere affatto adeguata a garantire i diritti fondamentali, tra cui quello al cibo.
C’è la possibilità che si pratichi qualcos’altro, e l’alternativa è sicuramente un modello produttivo di piccola scala e sostenibile.
La relazione non è solo convivialità, ma include in sé un momento in cui produttore, acquirente, cuoco fanno parte di uno stesso processo di cui conoscono le modalità: Eat the Rich vuole costruire in città, attorno alla questione cibo, delle risposte concrete all’impoverimento attraverso legami di solidarietà attiva.
Chiaramente la mensa non vuole e non può da sola essere una risposta al problema della fame nella nostra città, ma sì vuole uscire dagli spazi sociali che di solito la ospitano (Vag, Berneri e XM24) per mostrarsi come un modello riproducibile anche al resto della città, in una esplicita “volontà di contagio”.
“Noi siamo aperti a qualunque tipo di contatto e di relazione possibile” racconta Andrea ai microfoni di Radio Città Fujiko “la nostra volontà è quella di andare oltre al momento di mercato. Nelle prossime settimane porteremo in piazza la nostra rete e cercheremo di capire se questo progetto, che comprende le persone che ci si avvicinano, abbia o meno la legittimità di vivere in uno spazio in questa città”.
Ascolta la puntata di Terzo Paesaggio (Radio Città Fujiko) in cui alcuni membri della rete hanno raccontato Eat The Rich:
http://terzopaesaggio.podomatic.com/entry/2015-05-27T09_42_04-07_00