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Presidio #NoBorders Ventimiglia: movimento, solidarietà, resistenza!

Riprendiamo l’appello del Presidio NoBorders presente alla frontiera italo-francese: l’invito è ad andare a Ventimiglia per supportare il presidio e testimoniare quanto sta accadendo, a rilanciare l’azione politica antirazzista sui territori e a non abbassare l’attenzione su quanto accade li come altrove.

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“Non è in atto alcuno sgombero a Ventimiglia”. Alla luce di quanto sta accadendo al presidio “No Borders”, le parole di Alfano appaiono coerenti agli obiettivi del governo. La strategia impostata dal potere infatti non richiede un’azione di forza come quella che un mese fa ha prodotto l’indignazione di tutti i benpensanti. La digos locale minaccia lo sgombero un giorno sì e l’altro anche al solo scopo di fare partire “volontariamente” i migranti, mentre ronde di polizia cercano di interrompere il flusso di migranti dal centro di accoglienza della stazione al presidio. Nel frattempo il sindaco, appellandosi a improbabili ragioni di carattere sanitario, vieta la somministrazione auto-organizzata di cibo e bevande (sic!), creando di fatto un reato di solidarietà (punibile penalmente), e indicando la Croce Rossa Italiana come gestore unico dell’emergenza. Nessuno sgombero quindi, ma una strategia a bassa intensità che continua a esercitare una pressione su chi ha deciso di resistere al confine. D’altra parte nessuno si è mai sognato di dare alcuna credibilità alle istituzioni italiane e le ronde poliziesche, torce e manganelli alla mano, valgono più di qualunque dichiarazione. Continue reading

Lettera della “Gastronomia precaria e clandestina dal presidio di Ventimiglia”

Apprendiamo dai giornali “La Stampa” e il “Secolo XIX” del nuovo piano del sindaco di Ventimiglia per la sicurezza alimentare nei confronti dei migranti bloccati sugli scogli da ormai più di un mese. Giustamente il Sindaco si pone il problema igienico di una situazione che ormai non è più emergenziale. Tuttavia pare che a inquietare Enrico Ioculano non sia il fatto che nessuna istituzione (fatto salvo il Sindaco stesso) si sia mai preoccupata delle condizioni di vita dei migranti, bensì il fatto che vi sono gruppi che forniscono alimenti ai migranti, col fine (si suggerisce nell’articolo di Patrizia Mazzarello), di “strumentalizzarli”. Non è chiaro a cosa tenda la “strumentalizzazione” da parte dei gruppi accorsi e sarebbe il caso di esplicitare questa accusa gravissima.
Parliamo prima di tutto delle condizioni di “igiene alimentare”: la Croce Rossa non fornisce pasti caldi e a causa dei pasti forniti molti migranti hanno avuto problemi di diarrea per giorni, forse anche perché inizialmente il furgone atto a raccogliere le provviste era al sole e i cibi in esso contenuti imputridivano facilmente. Ricordiamo che è solo grazie all’insistenza dei “gruppi” che il furgone è stato spostato per non rischiare di perdere il cibo.
Inoltre, se si vuole parlare di igiene, perché non fare riferimento ai soli 4 bagni chimici per più di cento persone, o al fatto che non ci sono docce se non quelle autocostruite?
Ma parliamoci chiaro, il problema non è l’igiene, a cui nessuno si era interessato fino ad ora. Il fatto è che con questa mossa si vuole impedire che si costruiscano relazioni con i migranti. Si vogliono ricostruire quelle barriere che con difficoltà si sta tentando di abbattere, isolando i migranti sugli scogli dal resto della società. Perché? Non sono abbastanza le barriere che già esistono?
Il problema è che dà fastidio che gruppi di persone solidali si autorganizzino per costruire una resistenza alla situazione che si è creata: da un mese ci sono centinaia di migranti bloccati al confine per il continuo rimbalzarsi delle responsabilità fra Italia e Francia. Uno stallo che impedisce delle persone di muoversi liberamente tra confini intra-europei (quindi non di entrare in Europa in questo caso, paradossalmente) perché non europee. Questo è precisamente il punto, ma, come spesso accade nel nostro paese, si devia il discorso su dettagli tecnici, burocrazia, intoppi di qualsiasi genere che dimenticano che gli argomenti in questione sono esseri umani in carne ed ossa.
L’ordinanza del Sindaco non è forse questo un tentativo di rendere più difficile la vita sugli scogli? Perchè l’impressione è che la presenza sugli scogli dia fastidio al Comune nei termini in cui rovina l’immagine turistica e infiocchettata della costa.
Della reale situazione dei migranti nessuno si sta occupando, né le istituzioni preposte hanno mai provato a interfacciarsi ai migranti per capire quali fossero le loro volontà. Avrebbero capito che a Ventimiglia si è creato un sistema di collaborazione tra migranti, gruppi indipendenti e persone accorse in loro aiuto in cui nessuno è straniero. Avrebbero capito che per i migranti anche solo cucinarsi un pasto, come sta avvenendo, è un modo per continuare a vivere e una forma di autonomia, una forma di libertà che è negata da qualunque altra forma assistenziale. Avrebbero capito che se c’è un modo di abbattere la paura è proprio quello di collaborare tra persone diverse anche nelle situazioni più difficili. Se quel presidio ha una condizione minima di vivibilità e umanità è grazie a quei singoli e gruppi, che in autogestione e con i migranti stessi, da settimane organizzano la vita quotidiana.
Al presidio di Ventimiglia la legalità che ora si pretende non esiste almeno da quando l’Italia e la Francia hanno deciso di derogare ad ogni regola sull’accoglienza. Noi, assieme ai migranti, siamo lì per abbattere dei confini: primo tra tutti quello tra le persone.

Gastronomia precaria e clandestina dal presidio di Ventimiglia

Ventimiglia #5 – We’re welcome: storia di una giravolta

IMG-20150628-WA0000E’ da poco terminato il vertice del consiglio europeo a Bruxelles, le vite di decine di migliaia di migranti sono state nuovamente oggetto della farsa istituzionale, trattate come fossero oggetti da “redistribuire, riallocare”: corpi privati della libertà di decidere. Eppure qui a Ventimiglia dove una parte di questa vita è confinata sugli scogli da ormai quasi tre settimane la parola torna a loro. Abbandonati a loro stessi in un gioco allo sfinimento imposto dall’assenza delle decisioni e degli aiuti istituzionali, compressi tra i blindati della Gendarmerie e quelli della Polizia, costantemente fotografati da ufficiali in borghese che stazionano nel bar situato nei pressi degli scogli. Capiamo subito che nessuno può farli arrendere. Suonano, cantano, ballano e ridono venerdì sera in mezzo ai solidali giunti dalle zone limitrofe. Quella sera per la prima volta non abbiamo cucinato da soli. Dal primo pomeriggio sono arrivati in tanti ai nostri fornelli portando i sapori e le ricette dei paesi che hanno lasciato, confrontandoli con i nostri piatti e scambiando pentole, assaggi ed aiuti. Ibrahim, che in cucina pare avere ottime capacità, ci chiede più volte di assaggiare i piatti per capire a che punto è la cottura e alle 20 ci porge un piatto di chorba (lui non può ancora mangiare perché osserva il ramadan e il sole deve calare ancora) e con un sorriso ci dice “You’re welcome”. Benvenuti nella mia storia, nella mia vita. Una bella giravolta: eravamo noi quelli andati a Ventimiglia per dire loro “Benvenuti”.

Quando la musica finisce e i tamburi smettono di suonare, non tutto ancora tace. Anche questa notte sono le partite di calcetto giocate nel parcheggio, dove abbiamo la cucina, a tenerci svegli fino a tardi. Poi la giornata di sabato inizia lentamente ed è ormai ora di pranzo quando hanno inizio le prime discussioni tra i migranti. Il clima comincia forse ad appesantirsi a causa della stanchezza, ma presto tutto si compone in una forma assembleare multilingue e veniamo anche noi coinvolti nel dibattito. Dopo aver capito l’insofferenza di fronte all’ennesimo “nulla” xenofobo prodotto dall’incontro di Bruxelles ci siamo riuniti insieme ai compagni e alle compagne del Presidio no Borders Ventimiglia, ad alcuni migranti e ai pochi solidali arrivati dal nord-Italia e da Nizza. La discussione è stata subito pragmatica, costretta a scontrarsi con la condizione di emergenza e di abbandono nella quale versano le oltre 150 persone accampate sugli scogli, con le esigenze vitali di tanti e tante e con la stretta sorveglianza fascista dei governi europei. Discussione materiale ma non per questo a-politica, che ci ha messo di fronte ad un’impotenza di fondo: vagliando le varie possibilità è stato evidente che quello che possiamo fare è comunque poco rispetto alla situazione generale. Con questo abbiamo fatto i conti nelle cinque assemblee che facciamo durante la giornata.

Con questo dobbiamo fare i conti.

Qualcuno decide di fare un giro per controllare cosa succede in città e alle altre frontiere. Lo spettacolo è sempre il medesimo: posti di blocco e polizia nelle strade, continui controlli e inoltre la presenza di container (che secondo gli accordi vengono definiti “moduli”) alle frontiere, dove i militari francesi riportano e trattengono i migranti fermati sui treni e sul territorio. Arrivati alla frontiera, la scena che si presenta chiarisce subito quale sia il trattamento riservato a questi: una famiglia siriana, rinchiusa in un “modulo” viene fatta uscire solo all’arrivo dei compagni che, per pura casualità, si trovano sul posto. Questi, impauriti e spaesati, raccontano di essere stati fermati sul treno per Bruxelles con biglietto regolare e portati lì dopo il sequestro dei loro biglietti. La famiglia era anche munita di regolari passaporti e l’ingiustizia ci sembra doppia, nel momento che quando siamo noi a passare la frontiera nelle pause della giornata non ci viene chiesto alcun documento.

La polizia francese fa ovviamente spallucce di fronte alla richiesta di restituirli. Fortunatamente pochi minuti dopo, non lontano da lì, i quattro incontrano un pullman e il conducente si ferma appositamente per farli salire e portarli in Francia a Nizza. Lì nessuno vuole stazionare, le terre francesi governate da Hollande non sono più una meta ambita da chi sbarca sulle coste italiche. Questi ragazzi, per lo più giunti dal Sudan e dall’Eritrea, ci dicono di volersi spingere fino al nord-Europa. Noi non potremo accompagnarli in questo lungo viaggio, ma fino a quando questa situazione di resistenza all’esclusione continuerà dovremo impegnarci per essere sempre di più lì, con il cuore, ma soprattutto con i nostri corpi insieme ai loro. E la nostra cucina, che oramai è diventata un punto di riferimento per tutto l’accampamento nonostante i ripetuti tentativi delle forze dell’ordine di allontanarci con la scusa delle bombole o dell’acqua. Permettere dapprima un pasto, ed in secondo luogo la possibilità di prepararlo insieme, crediamo sia stato importante e ci abbia permesso di superare il modello di intervento assistenziale, gestito male dalla Croce Rossa (ci sono voluti giorni di proteste per far rimuovere dal sole un camion di viveri freschi della Croce Rossa francese). Pur nelle mille difficoltà un obiettivo è stato raggiunto, quello di parlare insieme nella lingua che preferiamo: quella della chorba e della pasta con il pesto, della solidarietà conviviale che è anche della lotta.

Gastronomia precaria e clandestina – Eat the Rich e CampiAperti

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Ventimiglia #4 – Il tempo scandito dalle aurore

Si alternano le aurore e i tramonti, e per molti scandiscono anche il tempo del Ramadan.
IMG-20150626-WA0021Il presidio è ormai da qualche giorno dotato di corrente elettrica autoprodotta grazie a un pannello solare installato da un compagno di Dolceacqua. Questo permette a tutti di tenere carichi i propri dispositivi mobili e restare in contatto col mondo, sapere che succede. Altri contadini sono passati a portare la propria solidarietà come e quando potevano. La situazione è ancora bloccata: alcune voci dicono che la Francia mollerà la presa nei prossimi giorni, mentre qualche audace giornalista locale sostiene che dopo l’attentato di oggi (ieri, ndr) alla centrale le frontiere saranno ancora più rigide. In realtà al presidio oggi (ieri, ndr) non si respirava aria pesante: gli unici a lamentarsi della presenza dei migranti sugli scogli e dei solidali sono alcuni albergatori che si appellano alla pulizia del panorama con vista mare… La Gendarmerie espone il proprio vessillo appena dentro il territorio italiano, probabilmente perché la polizia italiana non ha intenzione di assumersi la responsabilità di azioni di contenimento. Ma in realtà non c’è, ne vi sarebbe motivo al momento, alcun tentativo di oltrepassare la frontiera dal varco ufficiale. Esistono altri modi per farlo, tra cui alcuni sentieri di montagna celebri anche per il ruolo che ebbero in altre epoche. Ma il problema non è quello. Il problema è che una volta arrivati in Francia se si viene fermati dalla polizia si viene rispediti in Italia.

A proposito del tentativo della polizia di tenersi in disparte in questa fase, cavalcando la vulgata dei media che hanno gioco facile ad attribuire l’intera responsabilità della faccenda alla Francia – sebbene sappiamo che il problema è dell’intera Unione Europea – va segnalato un tentativo di ieri pomeriggio di utilizzare un intermediario madrelingua arabo per convincere i migranti ad abbandonare gli scogli. Siamo intervenuti chiedendo quindi a uno dei presenti di tradurre per tutti i migranti ciò che veniva detto e garantendo così che non ci fossero imbrogli e false promesse. Il presidio infatti non vuole lasciare quegli scogli, perché sono simbolici, perché promettono visibilità, perché essere portati nelle strutture di accoglienza allestite a Ventimiglia significherebbe abbandonare la possibilità di entrare in Francia e proseguire il viaggio. Nella notte l’Unione Europea ha trovato un accordo che prevede la distribuzione dei migranti con un sistema di quote, il che non va affatto nella direzione della libertà di movimento, né di ricongiungimento familiare. Oltre agli altri problemi già ravvisati tra i governi stessi. Ma sono cose al momento più grandi di noi.
Il tempo del Ramadan (anche se non per tutti) dicevamo, le aurore e i tramonti scandiscono anche i tempi di cottura della Rete Eat The Rich. Come ogni sera la staffetta da Bologna ha garantito un pasto caldo, affiancandosi alle altre strutture che prestano aiuto (Croce Rossa e associazioni di aiuto francesi, oltre ai compagni liguri) ma che non hanno la possibilità di cucinare sul posto. Prima di tutto té per tutti, perché bisogna reidratarsi e reintegrare gli zuccheri. Poi polpette di riso con verdure e contorno di insalata con patate e fagioli.

L’ultimo episodio da segnalare è insignificante ma dà il segno di come molti italiani e probabilmente molti europei vivano questo tipo di vicende. Una commerciante del posto arriva a svegliarci urlandoci contro che non possiamo dormire lì – cioè per terra in un parcheggio – perché “c’è gente che deve lavorare”. Increduli rispondiamo che alcuni di noi devono lavorare il pomeriggio stesso a centinaia di chilometri di distanza. La signora a quel punto si imbestialisce e urla insulti e minacce. Poco dopo, resasi conto di non aver fatto altro che insultare persone che dormivano, viene a chiedere scusa tra le lacrime, dicendo una cosa ben peggiore: “Scusate, ma in queste situazioni si ha sempre la paura di essere aggrediti”. Questa frase dà la cifra del comportamento attuale di gran parte della popolazione italiana: l’aggressore che si finge aggredito. Poi, a quando va bene, a posteriori chiede scusa. Solo dopo aver espulso persone in cerca solamente di un rifugio dalla guerra, solo dopo aver affondato barche cariche di disperati in mare, solo dopo aver negato i diritti fondamentali a uomini senza volto. “Ho visto con i miei occhi quando li caricavano e li portavano via con i pullman, sono stata malissimo”. Eppure evidentemente, a pochi metri da questo presidio, molti locali (non tutti per fortuna) non parlano con nessuno, non entrano in contatto con nessuno, pur avendo per una volta l’occasione di farlo senza subire passivamente notizie che vengono da lontano. Non perdono occasione per continuare a raccontarsi le proprie fantasie, come la “paura di essere aggrediti”, la minaccia dell’invasione straniera. È generalizzata la paura di comunicare con chiunque, siano essi migranti o italiani in aiuto, a fronte di una continua auto-narrazione nella propria solitudine e disperazione. Sicuramente, un altro tipo di disperazione.
Ma stasera (Venerdì) per i migranti alla frontiera, per la staffetta e per tutto il presidio No Borders sarà festa grande e per qualche ora i pensieri cupi se ne andranno.

Domani sarà un’altra aurora, aiutateci anche voi a fare in modo che si chiuda con il tramonto di tutte le frontiere… We are not coming back!

Gastronomia precaria e clandestina – Eat the Rich e CampiAperti

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Ventimiglia #3 – Cosa difende una frontiera

1Ventimiglia, dicono, ma i piedi appoggiati sugli scogli hanno il peso di ventimila miglia.

Ventimiglia, dicono, direzione Costa Azzura, le decappottabili sfrecciano di passaggio.

Ventimiglia, “we are not coming back” si sente risuonare.

Ventimiglia e 16 giorni di ostinata indisposizione a farsi spostare in luoghi meno visibili, meno urticanti per la suscettibilità e il “decoro”, non un passo indietro nemmeno in cambio di una doccia un letto e un po’ d’ombra dopo 2 settimane di sole a picco.

Stando sulla linea di un confine si capisce cosa difende una frontiera, quale e quanto potere, quanti soldi, quanta paura inoculata tutti i giorni a dosi variabili, quanto sia allo stesso tempo un artificio e una condizione necessaria affinchè lo Stato resti governabile, affinché i rapporti mercificati e disumanizzati che regolano la società si riproducano.

Ho scoperto oggi che si può giocare a pallone sulla linea del confine, anche se sei una mezza sega come me, e sentirsi come Maradona.

Adesso anche a noi chiedono “perchè siete qui?”. Chiedono “cosa credete di fare? Di fare la carità, il volontariato, di farli stare meglio? Di dar loro da mangiare? C’è la croce rossa e la rete solidale degli islamici francesi, cosa credete di fare con due fornelli da campo? Cosa credete di fare?”

Io voglio stare qui perchè se può filtrare aurora in questa notte arriverà da qui e quando s’infuocherà il cielo, anche per pochi minuti, non vorrei essere da un’altra parte. Dovreste venire anche voi.

Dopo l’assemblea di mercoledì sera si è deciso che la sera di venerdì 26 ci sarà una grande festa al presidio permanente. Si cucinerà tutti e tutte assieme una grande cena, la cucina da campo di Eat the Rich e CampiAperti ha ricevuto il compito di coordinare le cucine e coinvolgere i migranti nella costruzione della cena. Faremo una grande festa, ci saranno gruppi musicali e tanto cibo dal calar del sole. Danzeremo e banchetteremo per la gioia di aprire spazi di libertà e solidarietà in faccia a chi vuole solo dividere e dominare. We are not coming back!

In alto le forchette,

Rete Eat the Rich e CampiAperti dal Presidio permanente No Borders a Ventimiglia5IMG-20150626-WA0002

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Ventimiglia / Una giornata al confine

Per restituire un po’ della quotidianità al confine scriviamo di alcuni fatti che hanno scandito la giornata di oggi, mercoledì 24, a Ventimiglia.

IMG-20150624-WA0011_1 Il mare sicuramente è una costante nella vita dei migranti, cambiano i punti di vista: dalle coste africane, prima di un viaggio incerto e rischioso; in mezzo al mare, in mezzo a corpi ammassati e assetati; oggi dall’altra parte del Mediterraneo, ancora bloccati con davanti il mare e alle spalle un confine invalicabile per pochi, da più di dieci giorni. Allora può montare la rabbia e lo sconforto, e una mamma, guardando il mare, con tre figli scoppia a piangere e non riesce a smettere. Ma c’è chi l’abbraccia e porta conforto, la convinciamo ad andare in spiaggia. Perché in mare, assieme, possiamo anche divertirci.
Il mare di Ventimiglia offre anche tanta bellezza, il presidio si trova proprio accanto ai “Bazzi rossi”, rocce a strapiombo sul mare in cui si trovano caverne risalenti alla preistoria. Finalmente un’altro momento felice e allo stesso tempo toccante, assieme nel mare turchino, spensierati, assieme mano nella mano l’acqua riesce a lavare tutti i cattivi ricordi della donna . Passiamo alcune ore sotto il sole, in spiaggia, con il sorriso e la parvenza di essere in vacanza.

IMG-20150624-WA0010Oggi è il secondo giorno d’estate, arriva l’anticiclone delle azzorre, soffia un piacevole vento, ma il sole picchia inesorabile sulle nostre teste.
Alcuni migranti si spostano dal sole spiovente che batte sugli scogli e si avvicina alla cucina da campo situata all’ombra dei pini marittimi e palme, un poco d’ombra per attenuare le rinunce diurne del ramadan. Purtroppo la pace dura poco, si avvicinano a noi due volontari della croce rossa italiana, riferendoci che la polizia avrebbe utilizzato la forza se i ragazzi non fossero tornati sugli scogli roventi. Un giù ancora rabbia, l’ennesima provocazione, l’ennesimo ricatto si sta perpetrando. Un affronto alla vicinanza e alla solidarietà che stiamo attivando.

Non finisce qui, arrivano i vigili a riferire che i residenti 5stelle e il ristorante a 40e a piatto si lamentano dello scolare in strada dell’acqua delle docce improvvisate. E noi a rinfacciargli che ci pensi il Comune a installare docce adeguate. E nemmeno i Camper parcheggiati in zona vanno bene, e nemmeno noi con la cucina.
Allora dopo una consultazione coi ragazzi sugli scogli decidiamo di spostarci tutti assieme, in mezzo a loro, sul marciapiede della scogliera. Più vicini di prima saremo ancora più forti. We don’t go back, indietro non si torna, noi restiamo e resistiamo per la libertà di fuga dalla miseria, per la libertà di movimento. Senza confini costruiti ad hoc per meglio ricattare e sfruttare.

Dal confine di Ventimiglia la staffetta di Eat the Rich e CampiAperti al presidio No Borders

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Staffetta Eat the Rich a Ventimiglia: Primi aggiornamenti

IMG-20150624-WA0006La Francia da circa dieci giorni non permette il passaggio dalla frontiera di centinaia di migranti, attualmente ci sono due zone occupate da loro. La stazione di Ventimiglia ospita circa 200 persone tra donne e bambini, la logistica è  gestita dalla Croce rossa italiana. Un accampamento defilato, volutamente nascosto alla vista, stanzoni del dopo lavoro ferroviario strapieni di brande. Diversa è  la situazione che si vive al confine, i migranti in completa autonomia, in risposta alle decisioni del governo francese hanno deciso di lottare per la libera circolazione dei corpi. We don’t go back, noi non torniamo indietro, è il loro slogan. Alla domanda ‘cosa avete intenzionedi fare?’ rispondono con un’alzata di spalle e un sorriso, ‘aspettiamo’. Restano e resistono sugli scogli, hanno una percezione dello scorrere del tempo completamente diversa, c’è chi ci ha messo quattro anni per arrivare dall’Africa in Italia. È dopo i diversi tentativi di sgombero da parte della polizia italiana che hanno deciso di accamparsi sugli scogli, resistendo. Ad appoggiare  la loro lotta molti uomini e donne, francesi e italiani, hanno dato vita ad un presidio permanente. Sono tanti i compagni e le compagne che si danno il cambio da Dolceacqua, Imperia, Massa, Torino e adesso anche da Bologna. Si trova molta solidarietà anche dai frontalieri che si fermano al presidio portando viveri e vestiti. È sconcertante l’assenza dello Stato, francese come italiano, se non fosse per delle associazioni islamiche di Nizza, o per noi da ieri, qui non ci sarebbero pasti caldi, se non fosse per i compagni di Dolceacqua qui non ci sarebbero docce. CampiAperti e Eat the Rich da ieri (martedì) hanno imbastito una cucina di strada, col supporto delle realtà locali, portano la loro solidarietà attraverso le loro pratiche: cibo genuino e cucina collettiva. In alto le forchette, per la libertà di fuga e di movimento!

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