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LA MALEDIZIONE DEL FICO – IN BICI ACCRISTO CONTRO LA CITY OF FOOD
Una leggenda (a cui crediamo come crediamo nel capitalismo sostenibile) contenuta in due vangeli, racconta la maledizione del fico: “La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche cosa; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. E gli disse: “Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti”. E i discepoli l’udirono.”
Racconta di un personaggio che, seppur ritenuto da molti onnisciente, vide un fico in foglie e non trovandone i frutti perché non era stagione decise di seccarlo.
Quel Fico senza frutti deve averlo trovato anche quel profeta del food di Oscar Farinetti ma invece di seccarlo ne ha fatto un museo posticcio, lo ha reso una cattedrale del profitto.
Nella città dei taglieri e del turismo gastronomico non tutto fila liscio come l’olio.
Sul finire dello scorso agosto persino gli editorialisti del Corriere descrivendo il boom di ristoranti e bistro, si chiedevano con maliziosa ingenuità “e se stessimo facendo indigestione?”(1)
Da allora sono passati diversi mesi, ma l’esplosione commerciale della City of Food non si è certo arrestata.
Anzi, con F.I.CO e l’apertura di alcuni nuovi imponenti centri commerciali nella prima periferia pare che il processo di allargamento del centro-ventrina stia aprendo nuovi scenari e possibilità in quartieri popolari dove un tempo sarebbe stato impensabile traghettare i turisti in arrivo da aereoporto e stazioni.
La “riqualificazione” dei mercati rionali (dapprima fu quelle delle Erbe, poi il mercato S.Donato, quello di via Albani…) ha letteralmente aperto la strada a questo processo, che non sarebbe stato possibile senza l’allontanamento coatto dei poveri, il tentativo di disgregazione dei movimenti sociali, il potenziamento delle forze di polizia e dei dispositivi di controllo.
Verificata l’efficacia di queste operazioni, i tempi sono sembrati maturi per l’apertura della più grande cattedrale del “food” a due passi da un inceneritore nella zona del Pilastro (quartiere storicamente operaio, abitato per lo più da migranti, dove da diversi anni sono in atto processi di gentriFICazione basati sulla -costruzione continua di store e megastore, oltre che ovviamente sul cibo(2).
E che a Bologna abbia aperto F.I.C.O è quasi impossibile non saperlo.
Per chiunque si sia perso – volontariamente o meno – il grande giubilo dell’apertura, i sacchetti della Coop fanno in modo di ricordarlo ad ogni euro speso dentro la grande famiglia di consumo col cuore emiliano.
Da come lo raccontano le foto, i selfie, gli storyteller pagati ad hoc, le istituzioni e gli investitori, l’ordine degli scaffali e la disciplina della merce esposta, la Fabbrica Italiana COntadina propone la più grande riunione del brand Made in Italy dopo il banco di prova di Milano Expo 2015. Tra la tartufaia e l’agrumeto, tra i panini con la mortadella e gli animali esposti, tra la spiaggia finta e le bici su cui sfrecciano visitatori, lavoratori e persino i postini, una patina verde riveste questo centro commerciale e accredita non solo il pensiero unico dello sfruttamento della terra e dei viventi, ma anche una forma di condiscendenza e compartecipazione a questi processi. Se da un lato i grandi attori economici e politici che dirigono F.I.CO (e pure il resto della città) hanno pazienza e zelo nel costruire una rete sempre più fitta di costrizioni e costruzioni, dall’altro hanno molta fretta di convinverci tutte/i che questa ennesima meraviglia sia una grande occasione per la città.
E così mentre le nostre esistenze si fanno sempre più precarie e difficili (come quelle di chi, assunto attraverso un’agenzia interinale con contratti a chiamata, lavora per qualche euro all’ora dentro a un centro commerciale che solo in termini di patrimonio pubblico rappresenta un investimento di ben 55 milioni di euro per l’amministrazione cittadina), chi le governa ci vorrebbe inclusi e sorridenti nella costruzione di una narrazione sulla sostenibilità del capitalismo in salsa green.
Per noi tutto questo è paradossale: ci fanno sorridere gli inviti al rispetto dell’ambiente fatti da chi si arricchisce con la devastazione di territori, ci si contorce lo stomaco di fronte a finte fabbriche di biscotti con operai sorridenti, giovani e belli; inorridiamo nel vedere animali in gabbie minuscole esposti come merce per i visitatori del centro commerciale; ci infastidisce constatare che il cibo è diventato “food” e poi “show business”, mangiare è uno status symbol, il rispetto dell’ambiente e del lavoro maschera solo nuovi profitti.
La narrazione del capitalismo sostenibile e del cibo bio se guardata con occhi attenti è solo retorica.
Per questo il FICO, da albero da frutto diventa colosso di cemento, fiorisce a novembre tra un inceneritore e una rotonda che collega grandi arterie stradali. Farinetti&Co di fichi veri non vogliono proprio parlarne, gli è bastato affidare alla Melinda la costruzione di una mega vetrina di mele all’ingresso del centro commerciale (uno dei tanti inni allo spreco della fabbrica italiana, che smaschera bene quali siano gli interessi che muovono anche il socio Andrea Segré, alla faccia del Lastminutemarket che lo ha reso celebre)
Ma dentro F.I.CO c’è un po’ tutta Bologna e in tutta Bologna c’è un po’ di F.I.CO
La città si fa sempre più vetrina ed estende il suo centro alle periferie, le vetrine che sorgono nelle periferie riproducono delle città commerciali dove è ammesso anche lo svago ma solo se costoso e disciplinato.
E poi da un lato sono i soliti a guadagnarci e mangiarci (Unipol, Coop ed Eataly, Granarolo, l’amministrazione comunale, le agenzie interinali, PosteItaliane, Hera, Trenitalia…), dall’altro sono gli stessi soggetti a pagarne le conseguenze.
Quello che vorremmo provare a fare è contestare F.I.CO. per attaccare la città del cibo e il suo governo, attaccare la city of food per incrinare la narrazione di F.I.CO.
Dopo la Biciclettata della Madonna dello scorso 8 dicembre, proponiamo a tuttei di attraversare la città con una biciclettata A-Cristo contro F.I.CO. e questa volta anche contro tutti quei soggetti economici e politici che sulla città del fico e del cibo speculano ed hanno speculato.
nota1
https://reteeattherich.noblogs.org/post/2017/08/28/bologna-citta-dei-taglieri-e-delle-anime-belle/