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L’11 Ottobre 2008, con alla testa il sindaco Cofferati, una processione con tanto di fanfara da Piazza Maggiore arriva in via Fioravanti per inaugurare la nuova sede amministrativa del Comune di Bologna. Il nuovo e scintillante obbrobrio di vetro e metallo chiamato Palazzo Bonaccorso, in onore al Podestà che redasse il Liber Paradisus, che darà il nome alla piazza antistante. “Il primo pezzo del futuro cambiamento del quartiere circostante” dichiarò il sindaco.
Un atto non solo simbolico che segna la forte, e violenta, volontà di decidere il futuro della Bolognina.
Nei nomi, nella toponomastica, si possono leggere le intenzioni e le ispirazioni delle amministrazioni.
Sapete perchè quel meraviglioso edificio in Piazza Maggiore si chiama “Palazzo Re Enzo”? Perchè in seguito alla battaglia di Fossalta, nel 1249, vi fu imprigionato Re Enzo di Svevia, figlio dell’imperatore Federico, il quale vi rimase rinchiuso per anni fino alla morte. Da quello stesso palazzo pochi anni dopo il Podestà annunciò un atto che resterà nella storia della città e non solo.
In quegli anni nella penisola italica stava avvenendo un mutamento sociale importante, nasce la borghesia, con lo sviluppo delle arti e dei mestieri, i bottegai bolognesi. Una composizione sociale emergente e affamata di potere, tanto da mettere alle strette le varie signorie bolognesi. La vulgata vuole che in un moto di “riflessione etica” in città si decise di mettere in discussione la servitù.
Il 25 agosto del 1256 dal palazzo del Podestà al popolo bolognese ammassato in Piazza Maggiore si annunciò la liberazione di quasi 6000 servi della gleba, appartenenti a 400 signori.
Nei fatti fu il frutto di una mediazione politica, di accordi fra interessi diversi. Il Comune dovette pagare alle signorie che riscattarono gli schiavi 8 lire per ogni bambino e 10 lire per ogni maggiore di 14 anni. Questa operazione, che gravò inizialmente sulle casse del comune, fu però un’operazione di convenienza economica, lungimirante: con la semi-libertà e le migliori condizioni di vita sarebbe infatti aumentata la resa lavorativa degli ex-schiavi e soprattutto comparivano come per magia migliaia di nuovi cittadini che il comune poteva tassare! Ex schiavi, con semi-libertà, non appartenenti alle classi potenti, nè in ascesa, privi di potere decisionale. Con quest’atto, che sanciva la liberazione degli schiavi, fu compilato il Liber Paradisus, ovvero un elenco dei nomi dei servi liberati.
Dall’alba del 20 Ottobre 2015, giorno dello sgombero dell’Ex-Telecom, all’11 Ottobre 2016, giorno dello sgombero dell’ultima occupazione abitativa a Bologna, in via de Maria, dalle finestre di Palazzo Bonaccorso si sarà potuto assistere dal vivo a tanti dei più di 20 sgomberi eseguiti dall’amministrazione Coccia… ehm, volevamo dire gestione.
Bologna è stata punta di diamante e modello per la retorica di sinistra, laboratorio per la politica nazionale. Si è sempre vantata della sua storia di città solidale, libera, di sinistra, creativa, fra le prime in Europa ad aver abolito la schiavitù, la città degli studenti, della cultura. Eppure Bologna ci piglia per il culo almeno dal 1256.
Noi conosciamo la storia di Bologna che pretende di comprare la libertà, dove le famiglie e i bambini finiscono in mezzo a una strada, dove i centri sociali che producono socialità e cultura vengono sgomberati e demoliti, la Bologna dove gli studenti vengono messi al bando, e se i manganelli e i fogli di via non bastano ci possono sempre rimandare contro i carrarmati.
Noi stiamo dalla parte di chi si libera e si ribella, e non di chi dice di volerci liberare e proteggere. Noi stiamo dalla parte di chi occupa un palazzo vuoto da anni, non di chi lo svuota per difendere il diritto di tenerlo vuoto per specularci. Noi stiamo dalla parte di chi decide di mettersi assieme, organizzarsi e strappare qualcosa al presente.
Nella Bolognina, e non solo, vogliamo aprire nuovi spazi e momenti di libertà, perché questi possano essere abitati da chi non ha una casa, partecipati da chi non ha un lavoro, vissuti da chi ha bisogno e desiderio di socialità e condivisione. Che nasca un laboratorio dove questi soggetti possano diventare protagonisti e agire insieme.
Per questo crediamo che piazza Liber Paradisus sia il luogo più adatto per rilanciare un’idea diversa di Bolognina, casa di chi il quartiere lo abita e vive davvero, non di chi lo assedia in divisa e manganello, di speculatori impuniti o di chi amministra dall’alto con interessi spesso ben lontani dagli abitanti.
Domenica 23 ottobre ci ritroveremo tutti proprio in piazza Liber Paradisus, per una giornata di autodeterminazione e autogestione da parte di chi questo, sarà un momento di confronto e di politica vera e viva, dal basso, in cui ciascun* abbia la possibilità di esprimere una propria proposta e costruire le proprie alternative.
Bologna, prese per il culo dal 1256?
abitanti della Bolognina, teste dure dal 1312!