Formalmente la staffetta di Eat the Rich, con CampiAperti, è cominciata cinque settimane fa, sempre formalmente la staffetta è proseguita fino ad oggi. Come abbiamo già detto e scritto, però, dopo poco la partecipazione ci ha ecceduto coinvolgendo tanti e tante, singol* e realtà organizzate oltre noi.
Dopo cinque settimane al presidio a Ventimiglia, anche grazie al nostro contributo, ci sono fornelli da campo, piani cottura, un forno a legna, un frigo e una dispensa inventariata. Tutte le cucine popolari sparse per l’Italia hanno già lì pronto tutto quello che occorre per contribuire anche con poche persone per pochi giorni. Questo è uno degli strumenti di incontro e organizzazione della vita in comune del presidio con i migranti; oltre ai corsi di lingue e lo sportello medico-legale, a cui è possibile prendere parte attiva.
Queste righe non segnano la la chiusura della staffetta, nè vogliono farne un bilancio, ma crediamo nell’opportunità di in un rilancio ancora più diffuso e per rimarcare quanto sta già avvenendo. Perchè il presidio vive delle energie e dei corpi che lo attraversano. Non c’è da fare scommesse o previsioni su “quanto può durare”: il Presidio NoBorder di Ventimiglia è un flusso che intercetta flussi, organizza la risposta, giorno per giorno, alla domanda “cosa può un corpo” collettivo e quindi sempre mobile e in divenire. È uno spazio, simbolico e reale al tempo stesso, di pressione per le istituzioni, per il semplice fatto di esistere e fare rumore da quasi due mesi lì dove non dovrebbe essere, nelle forme che l’istituzione non governa, dove sono state ribaltate le logiche classiche di accoglienza caritatevoli ed emergenziali, che trattano i migranti come subalterni e soggetti passivi; è un possibile punto di applicazione della forza su una delle ferite aperte dell’Europa.