Giorno 5, #46Marzo
Sveglia alle 8 per oggi, quando il sole non è ancora arrivato a riscaldare le tende, che ripieghiamo accuratamente prima di rimetterci in marcia, cantando a squarciagola le canzoni di Max Pezzali ed esaltando l’incommensurabile grandezza di Mauro Repetto. Veniamo a conoscenza di un sentiero che ci permette di arrivare a Vallermosa senza passare per Villacidro, risparmiando così diversi chilometri di strade asfaltate. Percorriamo così un tratto di strada sterrata, prima di attaccare una salita lunga e bella ripida, oltre che naturalisticamente meravigliosa, che ci porta in località Matzani, a circa 600 metri sopra il livello del mare, dove dai resti di un tempio punico riusciamo ad ammirare il golfo del Sulcis da una parte e quello di Cagliari, dall’altra, con tutto il Medio Campidano nel mezzo.
Dopo una breve pausa pranzo, seguiamo un pezzo della tagliafuoco (strada verticale che taglia il bosco in funzione anti-incendio), e poi recuperiamo la strada che ci dovrebbe portare fino a Vallermosa, un tempo Villa Hermosa, perché fondata durante la colonizzazione spagnola. A 6 km dall’arrivo, quando abbiamo accumulato il solito abbondante ritardo sulla tabella di marcia, che prevede un incontro tardo-pomeridiamo con B. del comitato locale, ci imbattiamo in una casa di campagna in cui una ventina di cacciatori di cinghiali stanno facendo una grigliata (cosiddetto spuntino), con tanto di caglio di pecora e una notevole quantità di birra e buon vino. È impossibile sottrarci dalla loro ospitalità, ed è solo con l’arrivo di B. F. e R. che, in seguito ad altre birre e bicchieri di vino, riusciamo a partire con le auto verso il paese.
Arriviamo quindi alla casa di B. e F., la più bella di Vallermosa, costruita a mano in bioedilizia, con anni di duro lavoro estivo in cui i due hanno fatto a mano più di 5000 mattoni di terra cruda, che qui vengono chiamati ladiri, la casa è davvero un gioiello raro. E gioielli rari (ma comuni pare nei comitati sardi) sono i nostri ospiti, persone che definire meravigliose è poco. Ci raccontano del loro comitato Sa Nuxedda Free, nato contro l’ennesimo progetto termodinamico che investe una zona a due passi dalla casa. Uno scempio che ha molto in comune di Guspini-Gonnosfanadiga. Una differenza sostanziale è costituita dalla forma dell’installazione degli specchi, si tratterebbe, infatti, di una torre alta duecento metri, che una volta realizzata sarebbe visibile addirittura da Cagliari. Nella discussione comprendiamo meglio una questione che era già sorta negli incontri dei giorni precedenti, relativa agli elettrodotti.
Pare che dalla Sardegna partano due elettrodotti, uno verso la Corsica e uno verso il continente, entrambi saturi. La quantità di energia prodotta sull’isola, attraverso risorse fossili e rinnovabili, supera di gran lunga il fabbisogno energetico locale. Sembra che a tal proposito verrà costruito un terzo elettrodotto, in grado di esportare una quantità maggiore di energia, che dovrebbe essere incluso nel nuovo piano energetico regionale. Alla luce di tutto questo i progetti di questi mega impianti di energie rinnovabili rispondono solo a esigenze speculative legate alla concessione di incentivi pubblici (per ogni Kw prodotto lo stato assegna un incentivo di 0,30€). Come nel’800 sulla questione delle miniere (come riportiamo nella giornata di ieri) ci sembra di essere di fronte a meccanismi estrattivi “coloniali”, che non lasciano alcun indotto rilevante sul territorio, se non le briciole necessarie per cercare di spaccare il tessuto sociale. Per quanto riguarda il termodinamico, sembra chiaro dalle parole dei nostri interlocutori, che la Sardegna costituisca in questo momento un terreno di sperimentazione e vetrina per progetti che una volta sviluppati verranno esportati su scala maggiore.
Il progetto è ancora fermo, grazie soprattutto alla tenacia e al lavoro del comitato. Per tale motivo i promotori dell’impianto hanno fatto ricorso al Tar, che lo ha definito inaccettabile. La questione adesso si sposterà probabilmente al Consigli di Stato. In ogni caso il comitato ci garantisce che il termodinamico non si farà e che la loro determinazione non si fermerà di fronte a nulla.
Le chiacchiere si prolungano per circa tre ore senza quasi accorgercene, nonostante il debito di sonno e le molte ore di cammino. Quello che ci aspetta però è una cena fantastica: malloreddus (una tipica pasta sarda) con finocchio selvatico e ricotta affumicata, poi formaggi, cardi sottolio, bistecca, pane, vino e dolci tipici di Vallermosa.